MARCELLO FOIS CERCA DI SVILIRE LA CAUSA DI CARLES PUIDGEMONT, di Federico Francioni

  



 

Un depistaggio – Lacune nella conoscenza storica – Gli indipendentisti catalani sono nipotini del re Pietro IV il Cerimonioso? – Una polemica per distrarre l’attenzione dal “caso” Puidgemont – Per concludere. 

 

Un depistaggio. L’articolo di Marcello Fois, Quanta confusione sul Bossi spagnolo (“La Nuova Sardegna” di domenica 26 settembre 2021, in prima pagina con rinvio all’interno) risulta depistante ed anche pieno di sufficienza – se non è alterigia – verso le istanze degli indipendentisti, catalani e sardi. 

Quanto scritto da Fois richiede una replica netta, alla luce delle discussioni che si sono aperte dopo l’arresto a Sassari del leader indipendentista catalano Carles Puidgemont, già presidente della Generalitat de Catalunya, esule dalla penisola iberica ed attualmente deputato al Parlamento europeo. 

Va posto bene in chiaro che – da un punto di vita storico e politologico – è clamorosamente infondato considerare Puidgemont come un omologo, politicamente e culturalmente, dei leader leghisti Umberto Bossi e Matteo Salvini. Il titolo sul “Bossi spagnolo” è redazionale ma trova conferma nel contenuto dello stesso articolo di Fois. 

Non è la prima volta, purtroppo, che la Catalogna – di sicuro economicamente trainante ed avanzata all’interno dello Stato spagnolo – viene però indebitamente accostata al Nord-Italia, alla Lombardia ed al leghismo con l’obiettivo, polemico ed abbastanza esplicito, di svilire il catalanismo nel suo insieme e non solo le aspirazioni indipendentiste. 

 

Lacune nella conoscenza storica. Fois nulla sa e nulla sembra voler sapere intorno ad alcuni passaggi cruciali della storia catalana: nel 1641, nel contesto della Guerra dei trent’anni e dopo la rivolta detta dei segadors (mietitori) contro le truppe del governo centrale, che spogliavano le campagne, Pau Claris – a nome dei Bracci o Camere delle Corts(l’antico Parlamento catalano) – proclama l’indipendenza della Catalogna. 

Nel 1931 tocca a Francesc Macià dichiarare nuovamente l’indipendenza. Nel 1934 è la volta di Lluis Companys: entrambi questi leader di sinistra e presidenti della Generalitat (il governo autonomo) intendevano peraltro inserire il loro paese in una futura Federazione di Repubbliche iberiche. Non erano mossi da idee fumose o avulse dalla realtà, come dimostrò ampiamente la loro disponibilità a trattare con il governo centrale spagnolo. 

La Catalogna, non dimentichiamolo, diede un fondamentale contributo alla lotta contro il franchismo, sia durante la guerra civile, sia in seguito. Durante la Seconda guerra mondiale, il già ricordato presidente Companys, esule in Francia, fu estradato per volere delle autorità franchiste; con l’aiuto attivo della Gestapo, venne trasportato a Barcellona, condannato a morte dopo un processo sommario e fucilato nel 1940.  

L’indipendentismo catalano si è sempre nutrito di istanze provenienti da forze antifasciste, democratiche, progressiste e di sinistra. Puidgemont, fin dal 2016, è stato sostenuto dal Partito democratico catalano, dagli indipendentisti storici dell’Eskerra republicana de Catalunya e dalla sinistra radicale della Cup. 

Una spinta determinante al referendum per l’indipendenza e la successiva proclamazione in tal senso ad opera di Puidgemont si deve indubbiamente alla bocciatura – operata dalla Corte costituzionale – dello Statuto di autonomia catalana, già approvato dalle Cortes spagnole, da un referendum del 2006, poi impugnato dalla Destra (si veda il lucido articolo di Nicolò Migheli, Un braccio di ferro lungo cinque anni, su “La Nuova” di sabato 25 settembre 2021). C’era, insomma, il rischio concreto di tornare indietro di decenni rispetto alla stessa conquista degli spazi autonomistici fin lì ottenuti.

Come i suoi predecessori Macià e Companys, anche il presidente Puidgemont ha dimostrato di non essere animato da idee avulse dalla realtà e, dopo la proclamazione formale dell’indipendenza catalana, ha cercato di instaurare trattative con il potere centrale. 


 


Gli indipendentisti catalani sono nipotini del re Pietro IV il Cerimonioso? Occorre inoltre replicare seriamente a quanti (in proposito la polemica non è contro Fois) hanno respinto in Sardegna l’idea di manifestare solidarietà alle lotte dei catalani per l’autodecisione, con l’argomentazione che la Corona catalano-aragonese, a suo tempo, colonizzò la nostra isola. A questi signori basta rammentare che i catalani di oggi non si possono per niente considerare servitori o nipotini del re catalano-aragonese Pietro IV, detto il Cerimonioso: questi, in effetti, durante la guerra contro il Giudicato d’Arborea – della grande triade Mariano IV, Ugone III ed Eleonora – ridusse in effettiva schiavitù centinaia di abitanti dell’isola (si veda la riguardo la documentata monografia di Carlo Livi, Sardi in schiavitù nei secoli XII-XV). Francamente: possiamo considerare Puidgemont un nipotino di Pietro IV il Cerimonioso, responsabile degli atti di questo sovrano? Neanche al contadino delle campagne catalane medievali si possono caricare le stesse colpe dei sovrani aragonesi: è essenziale distinguere sempre fra governanti e governati, fra dirigenti e diretti, come ci ha raccomandato Antonio Gramsci nei suoi Quaderni del carcere

 

Una polemica per distrarre l’attenzione dall’estrema gravità del “caso” Puidgemont. Gli strali di Fois si dirigono contro il presidente della Giunta regionale Christian Solinas che, secondo il nostro scrittore, non era legittimato a recarsi al carcere di Bancali – per salutare l’uscita e la liberazione di Puidgemont – specialmente a causa della carica istituzionale ricoperta. 

La polemica dello stesso Fois contro la Lega, alleata del Partito sardo d’azione nell’esecutivo della Regione, giunge piuttosto tardiva. Per anni, intellettuali e scrittori, non solo sardi, sono stati generalmente alieni dall’opporsi ad un leghismo discriminatore ed escludente, preferendo di gran lunga stracciarsi le vesti in nome dell’unità nazionale, posta in discussione dagli attacchi di Bossi. 

Il sardismo, sia di Camillo Bellieni, sia di Antonio Simon Mossa – c’è piuttosto da chiedersi – avrebbe cercato l’interlocuzione con una forza che rimane nordista per eccellenza come la Lega?

Fois si guarda bene dal prendere una posizione esplicita sull’arresto di Puidgemont. Certo, il suo richiamo alla “inviolabilità dell’unità nazionale”

mostra che, come minimo, non si scandalizzerebbe neppure di fronte all’arresto di indipendentisti sardi.

 

Per concludere. Di fronte ai problemi epocali che affliggono il Pianeta, ai guasti della globalizzazione, ai collassi climatici ed ambientali, alla crescita degli squilibri territoriali e delle disuguaglianze sociali, allo spopolamento ed all’inquinamento che affliggono la Sardegna, Fois non trova niente di meglio da fare che scrivere un saggio su Cuore di Edmondo De Amicis e sul ruolo che ha avuto nel creare un’idea di Italia solidale (si veda, al riguardo, il suo, L’invenzione degli italiani, pubblicato da Einaudi). 

Consigliamo caldamente a Fois di leggere, studiare e documentarsi con una certa cura quando abbandona il terreno della narrativa – su cui ha riscosso riconoscimenti di critica e di pubblico – per avventurarsi in commenti sui problemi sociopolitici e culturali del nostro tempo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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