I trascorsi tentativi di sabotare e demolire l’idea di Sa die. Ciò sia detto
con buona pace di coloro – giornalisti, accademici e non – che da subito, di
fronte alla proposta di Sa die, erano, diciamo così, insorti, qualificandola, letteralmente, come
qualcosa di “rozzo” (non facciamo nomi e cognomi), o come iniziativa
“cagliaritanocentrica”: sappiamo bene, invece, che il 28 aprile 1794 – se
davvero vogliamo intenderne il significato e la portata – è da inserire nel
triennio rivoluzionario sardo 1793-96, accompagnato da impetuose lotte
antiassolutistiche, urbane e rurali. Si tratta di un periodo che racchiude il
più grande sommovimento sociopolitico della storia sarda: non è esagerazione
affermarlo.
Invece, su “La Nuova Sardegna”, come ben sappiamo, venne artatamente promossa una virulenta campagna di stampa contro Sa die, per sminuirla, per svilirla, per minarla dalle fondamenta e dunque per sabotare e demolire ciò che aveva preso corpo ancor prima che si approdasse alla legge regionale n. 44 del 14 settembre 1993, istitutiva di Sa die. Risulta qui indispensabile ricordare che sul quotidiano sassarese prese corpo a suo tempo anche un’altra campagna di stampa, questa volta intesa a delegittimare la proposta di Limba sarda comuna, qualificata con disprezzo come “lingua transgenica”. Eppure la LSC continua ad essere un modello insostituibile, ovvero l’unica modalità per approdare ad una soluzione in grado di superare la frammentazione dei dialetti di lingua sarda per affiancare la Sardegna a quelle nazioni europee – come la Catalogna, ma non solo – che da tempo si muovono sulla strada maestra dell’ufficializzazione con l’obiettivo di scongiurare ogni minaccia di scomparsa della loro lingua. Non è un caso che ci sia stata una sorta di abbinamento fra le due campagne di stampa, quella contro Sa die e quella contro la LSC. Conosciamo nomi e cognomi di coloro che le organizzarono e le sostennero, ma trascuriamo di citarli perché queste operazioni sono ormai naufragate miserevolmente.
A Sassari e a Cagliari. A Sassari le manifestazioni
per Sa die si sono
svolte in più giornate, dal 23 al 28 aprile, con un articolato programma, sotto
la denominazione di “Primavere sarde”. Su iniziativa del Teatro “S’Arza” e del
Circolo “Domo de totus”, hanno partecipato o dato il loro patrocinio vari enti
e organismi: il Comune di Sassari, in particolare l’Assessorato alla cultura,
la Fondazione di Sardegna, i Cobas, il Liceo artistico “Filippo Figari”, il
Liceo “Margherita di Castelvì”, il Convitto nazionale canopoleno, la Fondazione
Sardinia, il coro “Amici del canto sardo”, egregiamente diretto da Salvatore
Bulla, il corpo di ballo tradizionale “Monte Alma” di Nulvi.
Il 23 aprile, nell’auditorium provinciale di via Monte Grappa, alla
presenza di circa 150 persone fra studenti e professori di alcuni istituti
cittadini e dopo il saluto delle autorità, Federico Francioni ha affrontato il
tema “Il ruolo di Sassari nei moti del 1793-96”. Ha fatto seguito una relazione
del prof. Cristiano Sabino, docente del Liceo “Figari”, che ha svolto una
relazione su “La Sarda Rivoluzione è attuale?”. È stato così introdotto lo
spettacolo del Teatro “S’arza” sui moti antifeudali del 1793-96, regia di
Romano Foddai, interpreti Paola Dessì, Francesco Petretto, Stefano Petretto, Giovanni
Trudu, Fabio Uleri; l’aspetto tecnico è stato curato da Emilio Foddai. Alunni e
docenti hanno seguito i vari momenti dell’incontro con grande attenzione.
Il 26 aprile questo spettacolo ha attraversato il Centro storico di
Sassari, da piazza Tola a piazza Azuni, da largo Ittiri a piazza del Rosario.
Il 28 aprile, presso la stele che ricorda i nomi dei patrioti sardi
della fine del Settecento, tra via Quarto, largo Leonardo Carboni e via Pompeo
Calvia, presso il Liceo artistico, si sono succeduti gli interventi del sindaco
di Sassari Giuseppe Mascia, di Federico Francioni e di Antonello Nasone. In
quell’area, presso l’antico convento del Carmine, di cui è sopravvissuto un
muro con una nicchia, sorgevano le Forche vecchie, secondo quanto è stato accuratamente
ricostruito in un saggio di Piero Atzori, anch’egli presente all’incontro.
Sempre a Sassari, il 28 aprile, dopo l’iniziativa svoltasi nel palazzo
della Provincia – e in esplicito collegamento alle manifestazioni per Sa die – ha avuto
luogo, nel circolo culturale dell’Arci “Tom Benetollo”, una tavola rotonda sul
tema “L’intersezionalità nelle lotte di popolo. Per la propria terra, i propri
diritti, la propria autodeterminazione”: hanno parlato Alice Salimbeni, Lisa
Ferreli e Lorenzo Tecleme. In effetti dall’intersezionalità possono
indubbiamente ricavarsi interconnessioni, analiticamente assai proficue, fra
lotte sociali e politiche generali, quelle antimperialistiche, le battaglie per
i diritti e l’emancipazione delle donne, i movimenti per l’autodeterminazione
di quelle che Sergio Salvi in un suo volume aveva chiamato “le nazioni proibite”,
Catalogna, Corsica, Sardegna, ecc.
A Cagliari, il 27 aprile, nell’aula del Palazzo vice-regio, si è tenuta un’assemblea, promossa dal Comitato Sa die e presieduta da Salvatore Cubeddu, direttore della Fondazione Sardinia. Si sono susseguiti ben 18 interventi che hanno attualizzato e riformulato, adattandole al presente, le famose “Cinque domande”, che erano state rivolte al re Vittorio Amedeo III dall’antico Parlamento sardo, gli Stamenti.
Esso era strutturato in tre rami: lo Stamento ecclesiastico, formato da arcivescovi, vescovi, abati e procuratori dei Capitoli delle Cattedrali; quello militare era composto da feudatari, nobili e cavalieri; nello Stamento reale sedevano invece i sindaci o procuratori delle sette città poste sotto la giurisdizione non feudale, bensì regia: Sassari, Castelsardo, Alghero, Bosa, Oristano, Iglesias e Cagliari. Le cinque domande chiedevano: la convocazione decennale del Parlamento; l’esclusività delle cariche pubbliche ai sardi; la riconferma delle Leggi fondamentali del Regno; un Consiglio di Stato che a Cagliari affiancasse il viceré; la creazione a Torino di uno speciale Ministero per trattare gli affari specifici della Sardegna. Tali istanze furono inviate al governo di Torino dopo la sconfitta della flotta francese nelle acque del Golfo di Cagliari (1793) dovuta alla pronta mobilitazione dei ceti dirigenti sardi che si erano posti all’inettitudine e all’insipienza dimostrata dal viceré Vicenzo Balbiano (che sarà poi il più illustre dei cacciati dal capoluogo il 28 aprile 1794).Sempre a Cagliari, il 28 aprile, nell’aula del Consiglio regionale, durante
la cerimonia ufficiale per Sa die, è stato eseguito l’inno nazionale sardo Procurade
de moderare barones sa tirannia, di Francesco
Ignazio Mannu.
Nello stesso giorno, presso la Manifattura di viale Regina Margherita, è andato in scena lo spettacolo Sa die, dovuto al regista e attore sassarese Marco Spiga, con la partecipazione straordinaria dell’attrice Caterina Murino. La stessa Murino ha partecipato ad alcuni degli eventi programmati in tutta l’isola dal ricco calendario di mobilitazioni voluto dalla Assemblea Nazionale Sarda (ANS).
Conclusioni. “La Nuova Sardegna” e “L’Unione sarda” hanno dato
notizia di queste e di altre iniziative svoltesi in vari centri della Sardegna.
Sa die di
quest’anno, in definitiva, induce a ben sperare per il futuro consolidamento di
quei processi di autostima e autovalorizzazione di cui la società isolana ha un
forte bisogno onde avanzare nel travagliato cammino della propria liberazione.
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