PITZENTE MIGALEDDU: UNA VIDA PRO SA SARDIGNA, DAE “SU PÒPULU SARDU” A SAS PELEAS PRO S’AMBIENTE di Federico Francioni
Ma prima, in un momento
che ci sconvolge, occorre esprimere un cordoglio fraterno alla famiglia di
Vincenzo: alla moglie Maria Luisa, angelo della sua vita, docente attiva ed
impegnata, ai loro bellissimi figli Gian Michele ed Elisabetta, intelligenti e
colti; alla sorella Maria Vittoria, da tanti anni schierata, come il fratello,
sul fronte delle lotte per l’ufficializzazione della lingua sarda, a Dia
Aikabache, marito di Maria Vittoria, ai loro figli Francesca e Daniele; ai
parenti tutti.
L’esperienza
nuova ed originale di “Su Pòpulu sardu”. Desideriamo a questo punto mettere in risalto
l’attività di Vincenzo come fondatore ed animatore di “Su Pòpulu sardu-Moimentu
contra a su colonialismu”. Senza risalire alla decisiva rottura del Sessantotto
e degli anni Settanta, oggi non saremmo assolutamente in grado di cogliere,
capire ed interpretare quei fermenti che condussero alla nascita di questa
formazione politica, davvero nuova ed originale, per la netta impostazione di
sinistra - molto attenta ai conflitti sociali ed alle lotte dei lavoratori -
per il respiro internazionalista che era stato proprio, in precedenza, di
Antonio Simon Mossa (1916-1971), geniale architetto ed intellettuale poliedrico,
sardista e indipendentista: un internazionalismo che purtroppo andò, se non
scomparendo, certo ridimensionandosi nelle successive esperienze
dell’indipendentismo politico organizzato.
Oltre a Vincenzo (già
in precedenza impegnato nella sinistra extraparlamentare), tra i fondatori ed i
principali animatori di “Su Pòpulu” vanno ricordati Elisabetta Bocciardo, Mario
Carboni, Angelo Caria (anch’egli ci ha lasciato troppo presto), Agostino
Columbano, Diego Corraine, Bustianu Cumpostu, Lorenzo Palermo, Gianfranco Pintore, il compianto Bore Ventroni. Si unì a loro
il caro e compianto Antonio Buluggiu che operava a Sassari dove furono attivi
anche Cicci Puliga (da subito in prima fila nell’impegno
politico-organizzativo) ed inoltre Tonino Bassu, Lina Cadeddu, Agnese Cannas, Paola
Cristofori, Gian Mario Demartis, Assuntina Marras, Mariolino Murtas, Nando
Rocca e Salvatore Sfodello.
I militanti di “Su
Pòpulu” venivano in genere accusati di non essere indipendentisti: in effetti
questo gruppo - come diceva Vincenzo, (interpellato al riguardo da chi scrive)
- teneva in particolare a smarcarsi da una matrice sardista / indipendentista
di vecchio stampo, verso la quale veniva formulata una critica radicale,
propria di quegli anni. In ogni caso, per fare solo un esempio, lo slogan Contra a s’autonomia de sos isfrutadores,
Repùblica sarda de sos traballadores, non lasciava adito a dubbi sulla
collocazione indipendentista (ripetiamo, di tipo nuovo ed originale) ed allo
stesso tempo di sinistra di questo gruppo: esso si avvaleva del periodico dall’omonima
testata, redatto per gran parte in lingua sarda. Era un’altra ragguardevole
novità rispetto, in particolare, alla vecchia cultura sardista ufficiale,
rappresentata, per esempio, dal pur glorioso giornale “Il Solco”.
Purtroppo, dopo lo
scioglimento di “Su Pòpulu”, è mancata una riflessione approfondita ed adeguata
su questa esperienza. Comunque il Sessantotto e gli anni Settanta diedero linfa
vitale alla cultura impropriamente definita “neosardista” (meritoriamente
studiata da Gianfranco Contu), senza la quale negli anni Ottanta la ripresa
elettorale del Partito sardo d’azione ed il cosiddetto “vento sardista” non si
sarebbero mai verificati. Anche questo nodo meriterebbe senza dubbio di essere
ulteriormente chiarito ed approfondito.
Ci pare che, per certi
versi, sia stata messa in atto una sorta di rimozione dell’intera esperienza di
“Su Pòpulu sardu”, vista come troppo estremista o eccessivamente connotata come
forza progressista, di sinistra e “militante”, non in grado di agire
trasversalmente sull’elettorato e sull’intera società isolana. Eppure varrebbe
la pena tornare a riflettere su questa vicenda dalla quale in molti, anche al
di fuori dell’indipendentismo, fummo assai positivamente influenzati. Meritano
un’attenta lettura al riguardo le pagine scritte dal giovane politologo Carlo
Pala.
Le
incalzanti, rigorose battaglie contro il degrado ambientale e le minacce
mortali che gravano sulla nostra isola. In una seconda fase della
sua vita e delle sue battaglie, Vincenzo amava definirsi soprattutto come “non
dipendentista”, perché impegnato nella denuncia del degrado ambientale e di
tutti quei meccanismi colonialistici tendenti ad una sottomissione della
società sarda, accettati e/o giustificati dai gruppi dirigenti asserviti,
nonché da interi segmenti sociali.
Facciamo solo alcuni
esempi. Nel numero di gennaio-febbraio 2017 di “Sardinia post” (il magazine diretto
da Giovanni Maria Bellu), rispondendo a Piero Loi, autore del dossier Veleni vista mare. Al di là di tutti i
limiti di legge, Vincenzo, da tempo impegnato col Wwf ed inoltre responsabile
regionale di Isde-Medici per l’ambiente,
dichiarava: un aggiornato studio dell’Istituto superiore di sanità
«mostra che nel sesso femminile, nel nord ovest dell’isola, la mortalità per i
tumori delle vie respiratorie (trachea, bronchi e polmone) è superiore a quella
riscontrata a Taranto». Nel 2015 nella sola Porto Torres si sono verificati 89
casi certificati di tumore, saliti a 136 l’anno successivo con una crescita del
42%. Nel Sin (Sito di interesse nazionale) della stessa città, il
pericolosissimo dicloretano è presente nelle acque di falda 29 milioni di volte
oltre i limiti di legge! “Sentieri” (acronimo che sta per “Studio
epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio
di inquinamento”) ha dimostrato da anni
che a Sassari e a Porto Torres ci si ammala e si muore (per tutte le cause) più
della media regionale. Nella collina di Minciaredda, presso Porto Torres - ma
anche altrove - sono stati stoccati rifiuti con caratteristiche di
radioattività. E che dire della “darsena dei veleni” dove il dicloretano la fa
da padrone? Fino al 2006 si scaricavano nel tratto di mare davanti alla
Petrolchimica idrocarburi, cadmio, mercurio, rame, cromo, cianuro e pericolosi
solventi, con relativo avvelenamento dei pesci del Golfo dell’Asinara. I legali
rappresentanti di Syndial, Sasol e Ineos hanno beneficiato della prescrizione
dei reati loro addebitati. «Lì sotto c’è un inferno»: così un dirigente della
E.On descriveva gli effetti dello sversamento di olio combustibile dalla
centrale di Fiumesanto.
Dal 2011 Vincenzo si
opponeva al progetto “Chimica verde” che l’Eni intende alimentare con il fok il quale presenta una concentrazione
di idrocarburi policiclici aromatici, incluso il benzene, nettamente superiore
all’olio combustibile utilizzato in precedenza.
Vincenzo tracciava un
quadro geografico completo ed articolato - documentando specifiche
responsabilità - dell’attacco mortale sferrato contro l’isola dal degrado
ambientale e dell’inquinamento: nella Sardegna centrale il polo di Ottana
rimane fuori delle bonifiche. Però nel 2013 le ciminiere di Ottana Energia,
senza avere autorizzazione alcuna, hanno emesso una miscela di acqua e carbone che
ha ricoperto di uno strato nero il manto di centinaia di capi ovini.
L’amministratore unico Paolo Clivati, citato in giudizio, ha dichiarato che il
danno era dovuto a sterpaglie bruciate dagli stessi pastori.
Nel Sulcis, il rio Irvi
è inquinato da alti valori di cadmio, cobalto e arsenico provenienti dalle
miniere di Ingurtosu. La musealizzazione delle miniere dell’Iglesiente non deve
servire ad occultare i pericoli per la salute provenienti, fra l’altro, dai
cumuli di terra rossa presso Monteponi.
Euroallumina,
nonostante le condanne inflitte a due suoi dirigenti dalla Corte d’Appello di
Cagliari, ha presentato in Regione un progetto per raddoppiare il bacino dei
fanghi rossi che già, si badi bene, occupa un’area di 177 ettari! Gli inquirenti
hanno accertato che gli stabilimenti di Portovesme pompavano nello stesso
bacino acqua di falda contaminata da arsenico, fluoruri e boro dopo averla
utilizzata nel ciclo di lavorazione. L’Asl n. 7 di Carbonia ha denunciato un
aumento delle patologie polmonari nell’area di Portoscuso.
Uno studio dell’Asl n.
8 - mai divulgato - ha evidenziato che tra Sarroch, Assemini e Pula esiste un
rischio maggiore del 10%, rispetto alla media italiana, di contrarre
emolinfopatie maligne (leucemie e linfomi cosiddetti non-Hodkin). Secondo un
articolo comparso su “Mutagenesis”, prestigiosa rivista dell’Università di
Oxford, il benzene inquina l’aria di Sarroch e sarebbe responsabile, insieme
all’etil-benzene, dell’alterazione del Dna dei bambini che vivono nel paese
sede della Saras di Moratti: un degno erede di Nino Rovelli. A Elmas, Sestu e
Sinnai, cioè alle porte di Cagliari, esiste un problema diossine.
Si tenga presente che la
geografia del degrado ambientale, dell’inquinamento, del terribile attacco alla
salute che minaccia le nostre popolazioni, è molto più vasta. Qui non ci
soffermiamo, tra l’altro, sui pericoli incombenti nei territori soggetti a
servitù militare. Tanti altri dati ed esempi si potrebbero aggiungere, anche e
soprattutto alla luce delle condanne inflitte dalla magistratura e delle
indagini giudiziarie in corso. Per le indiscusse competenze, per la precisione
delle analisi, per il coraggio mostrato nelle denunce, per la sua attività
instancabile, Vincenzo è stato un leader riconosciuto ed insostituibile della
lotta ad un degrado non solo ambientale, ma anche etico-politico e culturale. Nel 2015, grazie a questo suo ruolo, veniva
invitata in Sardegna la scienziata, filosofa, femminista ed ambientalista
indiana Vandana Shiva che, con Vincenzo, parlava ad un folto pubblico riunito
presso Abbasanta. Ultimamente Vincenzo era impegnato anche per organizzare un
importante incontro nell’isola con Jeremy Rifkin, teorico, fra l’altro,
dell’autosufficienza energetica e dell’emancipazione dei singoli e dei
territori dai colossi dell’elettricità.
Pro mantènnere arta sa
bandela de Pitzente.
Isse nos at lassadu una bandela che
devimus chircare de mantènnere arta su prus possìbile. Pitzente faghiat
riferimentu generale a sa lìtera “Laudato si’” de paba Frantziscu chi de aberu
nos podet donare sa possibilidade de allughere (in su sentidu ispirituale austinianu
de sa paràula) sas camineras nostras. Sos grupos dirigentes devent essere
cramados a sas responsabilidades terrìbiles issoro, dognunu de nois devet leare
cussèntzia de sa responsabilidade pròpria. Ite podimus fàghere pro sos logos
nostros? Sos sardos de bona boluntade si devent unire in sa luta a s’incuinamentu pro su presente e su tempus benidore, pro sighire
in su protzessu de liberatzione economica, sotziale, polìtica, culturale e
linguistica de sa Sardigna dae dogni subalternidade. Goi amus a collire in
manera digna s’eredidade de Pitzente.
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