INTERVISTA A GIUSEPPE FADDA LEADER DEI RISTORATORI “TENDE IN PIAZZA” di Paolo Mugoni

                             Foto di Rossella Fadda


Intervista a Giuseppe Fadda (Tie break Sassari), ristoratore, promotore dell’iniziativa “Tende in piazza”, protesta dei ristoratori, dei baristi e di categorie varie del commercio in Piazza d’Italia a Sassari contro la chiusura delle attività di ristorazione.

 

Cosa vi ha spinto a organizzare questa iniziativa di protesta contro la chiusura dei locali?

 

È nata da un malcontento che stava montando da tempo. Abbiamo una chat con i ristoratori del nord Sardegna  coi quali ci si chiedeva sempre cosa fare, a chi si era mosso anche in Regione come la Fipe, che è l’associazione di categoria che ci rappresenta, abbiamo dato un tempo limite per fare qualcosa, ci chiedevano tempo per interloquire con la RAS, ma abbiamo aspettato abbastanza ed abbiamo deciso di agire.  Anche Abbanoa, a cui avevamo richiesto la riduzione delle bollette per gli anni 2020/2021, non ci ha dato risposta. Volevamo fare qualcosa di simbolico, qualcosa di diverso da quello che abbiamo visto fino ad oggi è montare decine di tende in una piazza e rimanere lì per tre giorni ci è sembrato un messaggio efficace che speriamo riesca ad arrivare all’opinione pubblica ed ai decisori politici.

Quali sono i danni maggiori che vi ha fatto questa chiusura?

I danni maggiori derivano dai mancati introiti, poi ce  ne sono di tanti tipi ma sostanzialmente i mancati introiti ci impediscono di adempiere ai pagamenti ordinari, perché moltissimi pagamenti sono continuati nonostante le chiusure e le limitazioni.

 

Quindi pesano tantissimo le spese fisse?

 

Non solo le spese fisse, basta pensare che noi (Tie Break Sassari)  abbiamo 69 dipendenti, vogliono dire tante buste paga che se sei fermo significano 1500 euro ciascuno di spesa, abbiamo 20.000 euro di canoni d’affitto e di condominio e essendo situati in Centri commerciali si ha a che fare con dei colossi della distribuzione che non ci sono venuti incontro, e questi non.solo nostri problemi ma di tanti operatori, anche dei piccolissimi, visto che noi che siamo un’azienda di medie dimensioni, non riusciamo a reggere a circa 14 mesi di chiusura, tutto diventa più complicato perché in questo tempo abbiamo lavorato discretamente  due mesi e mezzo, quelli estivi, non al pieno delle possibilità perché comunque le limitazioni persistevano, in questa situazione tutto si fa più complicato. Figuriamoci i piccoli operatori!

 

Aldilà delle difficoltà effettive cosa chiedete alla Regione ed al Governo?

 

Alla regione chiediamo che Abbanoa, che è regionale, riduca le bollette del 2020/2021 per tutte le categorie colpite da questa emergenza, una riduzione che si può fare internamente,  certo è una misura onerosa, ma se non si fa Abbanoa continuerà a mandare solleciti di pagamento e non ci saranno pagamenti, ci saranno aziende fallite, tantissimi contenziosi in tribunale, per questo venire incontro alle aziende sarebbe un segnale ed un contributo reale che può mettere in campo la regione, Al governo chiediamo di poter lavorare con continuità perché non si può sapere il sabato se il lunedì successivo puoi lavorare perché devi ordinare materie prime, ti devi organizzare. Ci hanno fatto spendere tantissimi soldi in plexiglas, mascherine, cartellonistica, in gel, in paletti, nella riduzione dei posti a sedere e nonostante queste misure che a noi sono costate, di fatto non ci fanno lavorare. Quindi in definitiva chiediamo di lavorare rispettando le distanze, rispettando le prescrizioni, ci controllino di più ma ci diano questa opportunità, rimanere aperti e lavorare.

 

Cosa ne pensi della polemica sull’orario del coprifuoco (chiusura alle 22.00 o alle 23.00 o dell’abolizione)?

 

Quello è la nostra terza richiesta, basta immaginare cosa succede in estate, a giugno, le persone vanno al mare, rientrano a casa, si preparano ed escono per andare a cena, vanno in ristorante che sono già le 21.00/21.30. Insomma d’estate è utopistico che le persone possano andare in un ristorante alle 19.00. Poi pensiamo a tutti quei locali come i pub, quelli che hanno un orario di apertura alle 23.00, chi sta pensando a loro? Abbiamo tantissime aziende che d’estate lavorano prevalentemente a cena, ma se devi chiudere alle 22.00 di fatto i clienti devono andar via prima e in tal modo si riduce ulteriormente l’orario in cui si lavora.

 

I ristori sono stati sufficienti a coprire le perdite o sono stati meramente simbolici?


Sono stati troppo esigui ed i primi ristori erano gestiti con criteri sbagliati e li hanno tenuti per un anno intero; i nuovi ristori, seppur migliorata la procedura sono esigui,  copriranno in parte i danni dell’anno  scorso ma ormai siamo a maggio. Nel frattempo si sono accorti che anche queste procedure sono sbagliate e le stanno correggendo ma ora chi non ha preso dei ristori a causa delle procedure errate cosa fa? Parliamo poi dell’entità dei rimborsi che sono meno del 5% delle perdite. C’è anche il problema della cassa integrazione che è erogata molto in ritardo ed esigua, il 50% del salario percepito non permette di vivere  ai dipendenti, con stipendi di 1200 € significa una cassa integrazione da 600 €, insufficienti per avere una vita dignitosa.

La domanda non è polemica, siete consapevoli che è in atto una pandemia e che ancora non si può tornare alla normalità pre COVID?

Ne siamo talmente consapevoli che oggi vogliamo dare un segnale, cioè vogliamo dimostrare a tutti che.con il distanziamento e con le mascherine si può manifestare, che noi rappresentiamo categorie che lavorano e quelli che ci osservano in questa circostanza sono nostri potenziali clienti e devono avere la percezione che siamo persone serie e che la loro sicurezza nei nostri locali è garantita.

 

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