Premessa. Il
convegno “Sardigna terra bia”, tenutosi l'8-9 giugno 2018 nell'accogliente
Grand Hotel delle Terme di Fordongianus, ha degnamente ricordato l'impegno
ambientalista del medico radiologo Vincenzo Migaleddu, nel più ampio quadro
delle iniziative condotte dall'Isde (International society of doctors for
environment, di cui egli era responsabile regionale) per difendere la natura,
la salute ed il lavoro di uomini e donne. Di grande interesse, sempre
corroborato da una notevole quantità di cifre e riscontri, è stato il quadro
messo a punto dalle relazioni: importanti, in particolare, quelle di Salvatore
Brianda, Paola Correddu, Patrizia Gentilini, Ferdinando Laghi (vicepresidente
Isde-Italia), Salvatore Marchi, Domenico Scanu, Gianni Tamino e Claudia
Zuncheddu. Anche le tavole rotonde, per niente generiche e scontate, ben
coordinate da Gilberto Arru, Stefano Deliperi, Pietro Loi e da altri, hanno
offerto una grande messe di spunti per la riflessione teorica e per delineare
possibili alternative al degrado attuale. Notevole - ed infine giustamente premiato - è stato lo sforzo
teorico-scientifico dell'Isde, soprattutto dello stesso Scanu (succeduto a
Vincenzo), che ha lavorato in sintonia ed in collaborazione con la famiglia del
medico prematuramente scomparso poco più di un anno fa: erano presenti
all'evento la moglie Maria Luisa Marongiu (docente colta e sensibile, attenta a
nuove procedure didattiche), col figlio Gianmichele (fra le teste pensanti
dell'organizzazione), la sorella di Vincenzo, Maria Vittoria, col marito Dyaa
Ajkabache (già funzionario della Fao a Roma, anch'egli relatore).
Un nuovo
disordine mondiale. Si propongono in questa sede alcune
considerazioni, non con la pretesa di integrare o approfondire quanto è emerso
a Fordongianus, ma con l'obiettivo di stimolare un dibattito il più ampio
possibile. Nel sistema globale, dopo la caduta del Muro di Berlino, non ha
preso corpo una nuova fase imperniata sul superamento delle diseguaglianze
sociali, sulla redistribuzione dei redditi, sul superamento degli squilibri
territoriali, ma un nuovo ordine caratterizzato da guerre, migrazioni dovute ai
retaggi del colonialismo, a nuovi conflitti, ad un sempre più accentuato
degrado ambientale, alla mancanza di approvvigionamenti idrici, ad eventi
climatici estremi. Al crollo del socialismo reale ha fatto prevalentemente
riscontro l'afasia o l'adeguamento delle socialdemocrazie verso i dogmi del
liberismo selvaggio, che hanno preso piede negli anni Ottanta. Dopo il 1989, la
popolazione totale dei paesi dell'Europa orientale, Russia a parte - dopo aver
avuto ben poco tempo per festeggiare il crollo di regimi totalitari - è calata
di 24 milioni di abitanti, sottoposta all'esodo biblico delle energie più
giovani e promettenti (J.-A. Dérens, L. Geslin, L'esodo che sta spopolando i
Balcani, “Le Monde diplomatique-Il
Manifesto”, n. 6, giugno 2018). Per non parlare del tasso negativo di natalità;
quanto a questo fattore ed allo spopolamento, la nostra isola è dunque in buona
compagnia. Di
recente, contro le discorsività dominanti sui flussi migratori - ispirate a
modalità, edite e inedite, di razzismo e discriminazione - padre Alex Zanotelli
ha lanciato un accorato appello, descrivendo lucidamente il quadro tragico
delle guerre che dilaniano l'Africa, dove inoltre masse crescenti di
popolazione soffrono in modo sempre più acuto per la mancanza d'acqua. arrazioni
dei mass-media dominanti, storytelling, una letteratura che cavalca la
logica del mercato, sempre più catturata dall'esorbitante noir, in
Sardegna e altrove, non hanno affrontato i temi dell'ambiente, come ha
criticamente rilevato l'intellettuale e scrittore indiano Amitav Ghosh, ma
hanno preferito lasciarli, nella migliore delle ipotesi, alla science-fiction
(di questo autore si veda La grande cecità. Il cambiamento climatico e
l'impensabile, Neri Pozza, Vicenza, 2017). Nel
frattempo cresce l'economia criminale, più o meno sommersa, che agisce d'intesa
non solo con il blocco dominante dei combustibili fossili, ma anche con l'accaparramento
di cospicui incentivi garantiti da istituzioni che accettano una superficiale
riverniciatura di green, in effetti la riproposizione delle combustioni.
Critica
di un'economia prometeica che violenta la Terra.
Nell'incontro di Fordongianus è stata ribadita la necessità di un'economia
circolare, in grado di restituire alla Terra quanto l'uomo le sottrae;
altrettanto fermo è stato il rigetto di un'economia lineare, secondo la
lucida critica della scienziata e femminista indiana Vandana Shiva che Migaleddu,
con il suo strenuo lavoro organizzativo, aveva invitato ad Abbasanta per un
incontro rimasto memorabile e che ancor oggi ci fa riflettere. All'appuntamento
di Fordongianus, Vandana ha inviato un commosso e partecipe saluto, ricordando
le battaglie del medico sardo. Dense di
implicazioni scientifiche, filosofiche, economiche ed etico-politiche sono
state le relazioni tenute dal già citato Tamino, docente nell'Università di
Padova, deputato (prima con Democrazia proletaria, poi con la Federazione dei
Verdi) per due legislature nel Parlamento italiano, poi per un mandato in sede
europea. L'economia circolare, egli ha affermato, intende imitare il ciclo
Sole-piante: il processo più importante, fra quelli della superficie terrestre,
mediante il quale le piante assorbono energia luminosa, la convertono in quella
chimica potenziale e formano sostanze organiche, costituenti i composti della
materia vivente, vegetale e animale (fotosintesi clorofilliana). Già, ma quanto
può durare il Sole? Orbene, abbiamo solo alcuni miliardi di anni per pensarci
su! Invece gli attuali apparati produttivi, che bruciano combustibili fossili,
fanno parte di un'economia prometeica che, possiamo ben dirlo, è in grado di
violentare, di stuprare la Terra, provocando inquinamenti, ammassando rifiuti
in quantità crescente, sprecando materia ed energia. In nome della legge del
profitto trionfa in effetti quell'ottusità degli uomini, che vuole scontrarsi
frontalmente con le leggi della Natura e con gli stessi principi della
termodinamica.
Un'utopia
concreta e possibile. A Fordongianus è stato spiegato che un
decimillesimo dell'energia solare è sufficiente al fabbisogno del nostro
Pianeta. Questo tipo di energia si può presentare senza padroni e controllori
in grado di assoggettarci; è giusto avere a che fare solo con quei commercianti
che vendono i pannelli. D'altra parte, nel corso del convegno, diverse voci si
sono giustamente levate contro gli eco-furbi, cioè quelle grandi imprese
che, attratte dagli incentivi, pretendono di occupare, con enormi impianti di
rinnovabili, vasti suoli con la vocazione all'agricoltura, alla pastorizia, al
turismo, ad un'accurata tutela paesistica. A Narbolia, nella Provincia di
Oristano, ben 64 ettari sono stati occupati da impianti di eco-furbi (ed
è solo un esempio). Infonde però ottimismo il moltiplicarsi in Sardegna di
comitati che si oppongono a tali installazioni, in nome di una reale
alternativa energetica e che hanno già conseguito significativi risultati
(bocciatura del progetto c. d. “Eleonora”). D'altra parte l'isola tende a
diventare sempre più un hub per la produzione di surplus energetico, con
relativa, massiccia esportazione, cui corrisponde la beffa, per i sardi, di
bollette superiori di circa il 30% a
quelle delle altre Regioni. Già nei
primi anni Ottanta (vogliamo qui ricordarlo) ciò era stato al centro della
forte denuncia politica e dell'iniziativa condotta dal gruppo denominato
“Commando Amsicora” (composto da Giovannantonio Bruno, Mario Doria, Tonina
Fadda, Pino Giordo, Rita Maresu, Giampiero Marras, Nando Nocco, Gavino Sale).
In collegamento diretto con Radio radicale, venne occupata la centrale di
Fiumesanto. In seguito, un prefetto della Repubblica ricevette gli occupanti e
riconobbe onestamente che la denuncia di tale manifesta discriminazione era più
che fondata. Al processo gli autori della protesta si videro inoltre
riconosciuto da un giudice il diritto ad esprimersi in lingua sarda e ad
usufruire di una traduzione in italiano per mezzo di un perito appositamente
nominato. La
logica di organismi come l'Enel e di aziende come quelle degli eco-furbi
non porta il minimo vantaggio alle popolazioni locali che, semmai, sono
ricompensate con ridicoli utili economici, ammesso e non concesso che sia
auspicabile monetizzare aree che poi saranno gravate da nuove servitù. In tale
ambito risulta proficuo riprendere e sviluppare l'impianto teorico
partecipativo, contenuto nei libri di Jeremy Rifkin - come Economia
all'idrogeno ed Ecocidio - che è approdato all'idea di una gestione
delle fonti energetiche ad opera ed alla portata di singoli e di comunità,
sottratte infine al mefitico ed asfissiante controllo di giganti e monopoli,
dall'Enel ai privati. Questa è l'utopia concreta, possibile, verso cui dobbiamo
muoverci; del resto il costo del solare è da tempo in calo: ciò contribuisce a
dimostrarne la convenienza. Occorre ricordare a questo punto che Migaleddu,
prima della sua prematura scomparsa (che ancora avvertiamo acutamente), aveva
progettato di invitare lo stesso Rifkin in Sardegna. Le
biomasse (che bruciano legno, paglia, letame, mais ed altre sostanze) non vanno
di certo incontro ad un ribasso dei costi di produzione. Gli impianti di
biomasse, sembra quasi superfluo aggiungerlo, sono forniti di camini, sono
dunque ancora legati a regimi di combustione. Inoltre la spasmodica ricerca di
incentivi favorisce, come si è già detto, le attività speculative, in grado di
attirare i loschi appetiti della malavita organizzata. Mafia e n'drangheta,
come più volte aveva rimarcato Vincenzo, hanno esteso i loro tentacoli al
Centro, al Nord della Penisola, nel mondo intero, trovando insospettate e
insospettabili coperture politiche. Non ci risulta (ma vorremmo essere
smentiti) che su questa problematica Matteo Salvini intervenga spesso, se non altro
con la stessa frequenza con cui parla di emigrazione-immigrazione. Anche il
metano, con le sue polveri sottili, inquina. La dorsale che si vuole realizzare
in Sardegna arriva con grande ritardo e si prospetta come una mega-struttura
impattante anche su terreni agricoli, cioè come una nuova, pesante servitù.
Una
nuova visione del mondo. Alla critica della situazione presente va
interconnessa l'idea di una pensiero sistemico circolare. Fra Settecento
e Ottocento, la rivoluzione industriale, oltre a costi umani e sociali quasi
inenarrabili, ha provocato in 200 anni dei cambiamenti che hanno messo in crisi
equilibri ecologici costruiti da una vita sul Pianeta, che dura da 4 miliardi
di anni. Per arrivare ad uno spazio che ci riguarda molto da vicino, va ricordato
che certi squilibri agiscono pesantemente sul Mediterraneo, specchio con
scarsissimo ricambio d'acqua, sul quale si affacciano popolazioni ammontanti a
200 milioni di persone. In questo modo non solo si compromette, ma si ruba
anche il futuro alle nuove generazioni, alle quali stiamo inoltre consegnando
un corredo genetico già alterato. Non è dunque assolutamente consigliabile far
arretrare ancora di più, di anno in anno, l'overshoot day, cioè il
giorno in cui risulta già consumato dal genere umano (soprattutto in Italia)
quanto la Terra ha prodotto in un anno. Si
prenda in considerazione il caso della Cina, dove i governi sono responsabili
in primo luogo di una politica che ha creato un mix di capitalismo selvaggio
(non esente dall'uso di manodopera schiavile) e dittatura di partito. Questo
paese è altamente inquinato, per quanto di recente i gruppi dirigenti si siano
impegnati per ovviare alle conseguenze delle emissioni di carbone e di altri
combustibili fossili. Nell'Europa occidentale la situazione dell'area
comprendente Belgio, Olanda, Germania e Pianura padana risulta la più
preoccupante. La catena alpina del resto costituisce una sorta di “contenitore”
dell'inquinamento, anche perché fa da barriera ai venti.
L'alternativa. A
questo punto l'agricoltura si presenta come primo, decisivo punto di svolta,
come settore produttivo fondamentale per cambiare rotta, per contrastare
desertificazione, siccità, cicloni, alluvioni, carestie, epidemie, eventi
estremi che diventano sempre più intensi e ripetitivi (si veda ancora una volta
la testimonianza personale del già citato scrittore indiano Ghosh nel suo
volume La grande cecità). Diventa
indispensabile porre fine all'uso forsennato dei pesticidi: l'atrazina è
proibita da anni, ma risulta incamerata in acque profonde: insomma, è come
mettere veleni in una cassaforte che dovrà essere poi aperta e gestita dalle
nuove generazioni. Il glifosato è un pesticida che ha conquistato il mondo ed è
venduto dalla Monsanto, produttrice degli Ogm: il Roundup della stessa
multinazionale ha come ingrediente attivo proprio il glifosato, messo in
rapporto ai linfomi non-Hodgkin e alla leucemia dei bambini. Tutto
ciò, sia concesso aggiungere in questa sede, dovrebbe indurre ad una rilettura
critica delle tesi sostenute da Elena Cattaneo, biologa, farmacologa, docente
nell'Università di Milano, accademica dei Lincei, dal 2013 senatrice a vita
(cfr. il suo volume Ogni giorno. Tra scienza e politica, in
collaborazione con J. De Falco e A. Grignolio, Mondadori, Milano, 2016, pp 69 e
ss.) che dedica decine di pagine agli Ogm, difesi a spada tratta, ritenuti
assolutamente non dannosi alla salute. La Cattaneo ricorda solo di sfuggita ed
in chiave negativa le battaglie della Shiva contro i monopoli, i brevetti,
nonché quelle in favore dei contadini indiani; la docente italiana riconosce
che al mondo ci sono scienziati non certo favorevoli agli Ogm, ma aggiunge che
costoro sono pochi, si limitano a “balbettare”, propongono teorie false contro
colleghi ben più ferrati di loro, i quali hanno prodotto in decenni
argomentazioni inconfutabili in favore della non pericolosità degli Ogm. In ogni
caso, com'è emerso a Fordongianus, questi fanno parte integrante
dell'agricoltura industriale ed i pesticidi, con le ricadute che hanno su aria,
suolo, acque e catena alimentare, esercitano conseguenze deleterie per il
sistema nervoso: dalla Sla al Parkinson ed all'Alzheimer. Invece di risolvere
gli squilibri alimentari del mondo intero, gli Ogm aumentano la dipendenza dei
paesi poveri nei confronti delle grandi imprese come la Monsanto, di recente
assimilata dalla Bayer, produttrice di pesticidi e di farmaci. L'Europa,
l'Italia e specialmente la Sardegna dovranno ben guardarsi dallo strapotere di
questo colosso. Che dire
inoltre, per fare solo un esempio, dello scienziato sir Richard Doll
(1912-2005) che era nel libro paga della Monsanto? Ne ha parlato l'autorevole
quotidiano inglese “The Guardian”, suscitando
un'eco notevole nella stampa britannica. I colleghi di Doll lo hanno
difeso, sostenendo, fra l'altro, che questi avrebbe donato quanto ricevuto al
Green College di Oxford. Non viene posto in discussione, s'intende, un
determinato ruolo scientifico di Doll che, già nel 1950, iniziò a pubblicare
contributi di rilevante interesse sul nesso tra fumo e tumori, ma il problema
del conflitto d'interessi, al riguardo di questa personalità, non è infondato.
Su
questo punto bisogna riconoscere che la Cattaneo non sembrerebbe disposta a
fare sconti. Ella scrive infatti: “Com'è possibile che scienziati affermati, di
fama internazionale, con pubblicazioni di prim'ordine e indice di citazione
stellare, colleghi ai quali ho sempre guardato con ammirazione e rispetto, che
ho sempre immaginato impegnati alla ricerca e al rispetto delle regole della
trasparenza e del reciproco controllo, tipiche del mondo scientifico, quando è
il momento di 'gestire' finanziamenti pubblici, balenandosi la possibilità di
avere una fetta per sé, abdicano a tale metodo, optando per quello che Gilberto
Corbellini ha definito 'consociativismo amorale' ?” (pp. 199-200). Per non
parlare della connection, come si è scritto, tra aziende private e
scienziati. In ogni caso colpisce negativamente, nel libro della Cattaneo, la
totale mancanza di un riferimento, di un appello, anche nelle pagine finali,
all'emergenza ambientale: il Pianeta è entrato in una fase pressoché agonica,
ma ciò non sembra preoccupare affatto l'illustre scienziata italiana. In Cina
si è arrivati al punto che, a causa della moria delle api, l'impollinazione
deve avvenire tramite intervento umano. Negli Stati Uniti il presidente Barack
Obama aveva da tempo lanciato in proposito un significativo allarme. Un'alternativa
a tale stato di cose, che valga anche e soprattutto per la nostra isola, può
essere rappresentata da una rete rurale di agricoltura non industriale, ma
biologica, contadina e di piccole dimensioni (occorre però al riguardo una
legge regionale), come strada per procedere verso una sovranità alimentare ed
energetica. Ciò significa puntare sui semi locali e salvaguardare la
biodiversità. Al riguardo sono state formulate dalla Fao precise direttive che
sono state tradotte anche in lingua sarda.
Biodiversità
e lingue delle minoranze. Nel corso del convegno di Fordongianus, di grande
interesse è stato l'intervento di Maria Vittoria Migaleddu che, dopo i
contributi da lei stessa pubblicati in materia di psicolinguistica (cfr. in
particolare il suo saggio Vantaggi cognitivi del bilinguismo, sulla
rivista “Mathesis-Dialogo tra saperi”, pp. 25-35), ha giustamente insistito su
un nesso quanto mai delicato: quello fra biodiversità e pluralità delle lingue,
entrambe minacciate da eventi epocali, dall'uniformismo della globalizzazione,
dalla crisi economica attuale (la più grave e la più prolungata negli anni,
anche rispetto a quella del 1929), dai picchi estremi di un clima alterato ed
alterante, da politiche governative che discriminano, ignorano, trascurano o
non mettono in pratica norme a favore delle minoranze nazionali e linguistiche.
Si tratta di un problema studiato dagli organismi internazionali, fra i quali
occorre ricordare soprattutto l'Unesco che ha inserito fra i suoi obiettivi
quello di preservare la diversità delle lingue. Relativamente
a questo nodo, qui ci sembra opportuno aggiungere che le ricerche sul multiculturalismo
(si vedano, per esempio, i testi di Seyla Benhabib e di Domenico Melidoro),
nonché i post-colonial studies (cfr. soprattutto, di Gayatri Chakravorty
Spivak, Critica della ragione postcoloniale. Verso una storia del presente
in dissolvenza, Meltemi, Roma, 2006), particolarmente attenti alle
sedimentazioni di secoli di colonialismo, alle devastazioni dell'imperialismo
sul piano culturale, non hanno invece riservato alla molteplicità ed alla
pluralità delle lingue quell'attenzione critica che era invece legittimo
aspettarsi da questi autori. Comunque
la battaglia per la valorizzazione ed il riconoscimento giuridico ufficiale
della lingua sarda, in ogni ordine e grado dell'istruzione, nella scuola, nella
società e nei mass-media, nell'ambito più vasto delle iniziative in favore
delle nazioni europee prive di Stato, dall'Irlanda alla Scozia, dai Paesi
Baschi alla Catalogna, dalla Corsica alle minoranze linguistiche dello Stato
italiano, è stata fra gli impegni strenuamente coltivati in tutta la sua vita
da Vincenzo. Valorizzazione e ufficialità del sardo, come ha opportunamente
ricordato Maria Vittoria, non sono certo istanze slegate dalla cura per la
biodiversità e la salute umana, anzi! Dobbiamo adottare una visione non
settoriale, ma olistica dei problemi, da quello dell'inquinamento a quello
della salute, dalla visione dei diversi comparti produttivi - che necessitano
di una radicale riconversione in chiave ecocompatibile - ai vari segmenti della
cultura e ciò in stretto rapporto con quel pensiero sistemico circolare
di cui si è parlato. Tutto ciò va incardinato in un New Deal per la
Sardegna.
Il
cancro gioca a dadi? Vincenzo era solito affermare che il diritto alla
salute non significa solo diritto ad essere curati adeguatamente, ma anche e
soprattutto a non ammalarsi, a godere di ben-essere (com'è stato
sostenuto anche sulla rivista “Mathesis”), cioè di una sana e dignitosa qualità
della vita. Nel corso del convegno, ciò è stato ricordato più volte, anche
dalla già citata Gentilini, in chiave polemica verso quella tesi - che ha avuto
grande rilievo nella stampa ed anche favorevole accoglienza nel mondo
scientifico - secondo la quale il cancro “giocherebbe a dadi”: insomma, il
65-70% dei tumori sarebbe dovuto a mera casualità. Un contributo su questa
tematica, che però ha suscitato anche varie polemiche, è quello di C. Tomasetti
e B. Volgestein (cfr., di questi autori, Variation in Cancer Risk among
Tissues can be explained by the Number of Stem Cell Divisions, in
“Science”, 347, 6217, 2015, pp, 78-81). Il problema è legato anche
all'intervento dello Stato, degli Enti locali e degli organismi sanitari.
Perché stanziare grosse somme in bonifiche dei territori già industrializzati,
se i tumori derivano dal caso? Per
venire alla nostra isola, sarà opportuno ricordare che, secondo dati
dell'Istat, attualmente risultano diagnosticati di tumore ben 70.000 sardi, con
una crescita di 9.000 casi nel 2017 (se n'è parlato in un convegno cagliaritano
promosso da Salute Donna onlus in collaborazione con 19 associazioni di
pazienti, cfr. “La Nuova Sardegna” del 19 giugno 2018). L'incidenza di
determinate patologie va comunque esaminata in relazione ai singoli territori,
com'è emerso dal Registro tumori della Provincia di Sassari, che l'epidemiologo
Mario Budroni e Francesco Tanda, docente di Anatomia patologica nell'Ateneo
turritano, vanno redigendo ormai da decenni. Tutti quelli che sono stati
diagnosticati come affetti da tumore in area di Porto Torres (dichiarata come
Sin, Sito di interesse nazionale) sono stati colpiti dal male per puro caso?
Come mai il problema non si presenta con la stessa incidenza in altre aree? Non
si configura piuttosto un rapporto cause-effetti, certo ancora da approfondire
e da sviscerare?
Patologie,
tumori e insediamenti militari. Quanto detto fin qui permette il rinvio ad un
nodo che ha assunto da tempo un rilievo di spicco, cioè di carattere
internazionale, in grado di proiettare ancora una volta il caso sardo in una
dimensione più vasta: le servitù militari che da decenni gravano sull'isola. Il
poligono di Quirra si estende per 14.000 ettari ed è il più grande d'Europa.
Non parliamo qui di Teulada e di Capo Frasca. A Quirra si svolsero
esercitazioni cui parteciparono i militari del regime di Gheddafi, i quali
ebbero accesso a quanto veniva sperimentato, mentre ogni tipo di informazione
era ed è precluso alla comunità locale. Nel caso dell'esercitazione denominata
Trident fu adottata l'espressione “guerra simulata”: già, ma simulata fino a
che punto? Se lo è chiesto, durante la sua relazione al convegno, la dottoressa
Zuncheddu, impegnata fra l'altro nelle cure ai bambini Tuareg e già consigliera
regionale. Che cosa si esperimenta? Per esempio, l'uranio impoverito negli
ordigni bellici, oppure il fosforo bianco (su poligoni e servitù militari, sui
meccanismi di esternalizzazione, applicati da Stato e governi italiani
alla Sardegna-colonia, si veda anche il contributo di Luigi Piga e Michele
Salis, sulla rivista bilingue “Camineras”, n. 6. 2018). Nei
territori dei poligoni, in quelli sottoposti a servitù militari, crescono
intanto le patologie e le incidenze tumorali: pastori affetti da leucemie,
malformazioni nei bambini, nei maialetti, crollo della fertilità, interruzioni
di gravidanza. Diventa improcrastinabile avviare in questi territori delle
bonifiche le quali tuttavia richiedono investimenti di grande consistenza. La
Maddalena, già proclamata Sin (Sito di interesse nazionale) ora è diventata Sir
(catalogata cioè di solo interesse regionale): il problema quindi viene
scaricato sulle casse della Regione. Su questo e su altri temi, nel corso
dell'incontro di Fordongianus, oltre ai relatori già ricordati, sono
intervenuti con passione, con documentate analisi e denunce, Manuel Alivesi,
Laura Cadeddu, Angelo Cremone, Bustianu Cumpostu, l'imprenditrice Daniela
Ducato, Marco Mameli, Giacomo Meloni (segretario della Confederazione sindacale
sarda), Carlo Vincenzo Monaco, Martino Orrù, Paola Pilisio, Pietro Porcedda,
Carmelo Spada del Wwf e molti altri fra cui alcuni amministratori competenti e
preparati, come la sindaca di Olzai, Ester Satta e quella di Sarule, Mariangela
Barca. Presenti anche alcuni magistrati.
Conclusioni. Una
riserva - che certo non intende mettere in discussione il valore scientifico,
etico -politico e culturale del convegno - riguarda un riferimento, che è stato
peraltro occasionale, all'illuminismo, considerato in effetti, da alcuni
intellettuali ed ambientalisti, anche del Terzo Mondo, come corrente
prometeica, apologetica di un progresso tecnologico a tutti i costi, negatrice
dunque delle ragioni della natura. In effetti, oltre le diverse tendenze -
oltre cioè quegli autori legati alle componenti illuministiche del meccanicismo
e del materialismo sensista - è stato proprio nell'ambito della grande corrente
settecentesca che sono nate le preoccupazioni ed i primi progetti concreti per
la salvaguardia dell'ambiente. Si è
parlato inoltre di Antropocene, termine coniato dal Premio Nobel Paul Crutzen,
per indicare una fase di sfrontato predominio dell'uomo, successiva all'Olocene.
Ora, mentre l'Antropocene individua gli effetti, occorre risalire anche alle
cause ed alle responsabilità da individuare con precisione intorno al dilagare
di determinati fenomeni. Il sociologo Jason W. Moore, direttore del Fernand
Braudel Center, ha proposto di inserire il concetto di Antropocene in quello di
Capitalocene, onde risalire al sistema economico che sta producendo
disastri ambientali mai verificatisi in età precedenti. Lo stesso Moore,
prendendo l'avvio dalle ricerche dell'eminente storico francese Braudel sull'economia-mondo,
ha parlato di ecologia-mondo, utile per mettere a punto una prospettiva
in grado di andare oltre i cupi orizzonti dell'Antropocene (si veda, di J. W.
Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo ed inoltre Antropocene
o Capitalocene? Entrambi sono stati pubblicati da Ombre corte, Verona,
rispettivamente nel 2015 e nel 2017). D'altra
parte l'attenzione per la lunga durata e per i grandi spazi non ha impedito
allo stesso Braudel di coltivare una viva sensibilità per i singoli luoghi,
come dimostrano i suoi volumi su L'identité de la France. In effetti i
luoghi presentano caratteristiche di singolarità, non sono sostituibili, non
sono interscambiabili, non sono esportabili, né vendibili. Con i collassi
ambientali si corre il rischio di perdere delle unicità, patrimoni
naturalistici, architettonici, di storie, lingue e culture irripetibili: ciò è
stato riconosciuto anche da studiosi non certo sospettabili di essenzialismo e
di fondamentalismo. Uno
merito grandissimo del convegno di Fordongianus è scaturito proprio dalla
sottolineatura della connessione fra le battaglie per il presente ed il futuro
della Sardegna e quelle che riguardano l'intero Pianeta. In quest'ultima
dimensione, come ha scritto Naomi Klein (in Una rivoluzione ci salverà.
Perché il capitalismo non è sostenibile, Rizzoli, Milano, 2015) il problema
cruciale non è adottare visioni, linee e logiche più o meno verdi o
ambientaliste perché questa volta è in gioco la sopravvivenza dell'umanità.
Mettiamoci dunque tutto il nostro impegno di educatori - nella società, nella
scuola, nei mass-media, nelle reti d'indignazione e di speranza (come la ha
efficacemente definite ed analizzate il sociologo catalano Manuel Castells) -
per spiegarlo ai nostri figli ed ai nostri nipoti. Diventa indispensabile, a
questo punto, anche una rilettura della classica opera di Hans Jonas sul principio-responsabilità.
Cerchiamo dunque di creare una nuova fratellanza (valore fondamentale della
Rivoluzione francese) ed anche una nuova sorellanza, per guardare al futuro con
maggiore serenità, forti inoltre di un'aggiornata strumentazione
teorico-critica. Una grande speranza ci è stata fornita da Papa Bergoglio, con
la sua lettera enciclica Laudato si', di cui Vincenzo ci raccomandava sempre
letture e riletture accompagnate dalla meditazione.
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