Una storia di emarginazione nella Sassari del Novecento: Leonardo Ingolotti detto Trappadé, di Tore Sanna


Il personaggio e la sua reale vicenda oltre l’aneddotica. Trappadè, al secolo Leonardo Ingolottifu un combattente della Prima Guerra Mondiale. Nella Sassari degli anni Quaranta e Cinquanta venne fortemente umiliato e deriso; ancora oggi sono note storielle e canzoni dialettali a lui dedicate. 

Di lui e del suo coraggio in guerra avevo sentito parlare quando ero ragazzo da Raimondo Usai, un ortolano amico di mio padre, che lo aveva avuto compagno di reparto e di combattimento durante la prima battaglia di Castelgomberto. Da lui ho appreso tra l’altro che il nomignolo di Trappadé, nome in dialetto sassarese della quaglia, gli era stato dato dagli stessi commilitoni, per la sua grande capacità di mimetizzarsi, come appunto fanno le quaglie, prima di colpire gli austriaci nei non pochi corpo a corpo che si erano verificati in quella famosa battaglia.

Era nato a Sassari, al n. 50 di via delle Muraglie, il 15 Luglio 1895, come Leonardo Gialetti, figlio di “donna che non consente d’esser nominata”;diventa Leonardo Ingolotti il 3 Marzo 1906, quando sua madre Assunta Petretto si unisce in matrimonio con Efisio Ingolotti ed entrambi quello stesso giorno dichiarano che il giovane Leonardo è loro figlio. 

Tra Assunta ed Efisio esisteva un amore, diciamo così, clandestino, da anni prima che nascesse Leonardoreso ufficiale soltanto dal matrimonio avvenuto dopo la vedovanza di Efisio. Certamente era questo il motivo che aveva portato Assunta a non riconoscere suo figlio subito dopo la nascita. Nonostante ciò, lo aveva allevato e accudito da subito, grazie al fatto che sua zia Francesca ne aveva ottenuto l’affidamento dopo averlo denunciato all’anagrafe del Comune. 

Quella degli Ingolotti era una famiglia di origine genovese: il capostipite Francesco, con la moglie Rosa Grillet, era arrivato a Cagliari un po’ prima del 1860, anno di nascita a Cagliari di Efisio, il loro primo figlio. Francesco era approdato in Sardegna come usciere nella Regia Tesoreria. 

Gli Ingolotti, pur avendo avuto a Cagliari 6 dei loro 7 figli, avevano sempre mantenuto con la città ligure uno stretto legame, al punto che 5 dei 7 figli si trasferiranno a Genova definitivamente, salvo la figlia Camilla che, una volta rimasta vedova del genovese Antonio Conte, ritorna in Sardegna. Il trasferimento degli Ingolotti a Sassari, a metà degli anni Settanta dell’Ottocento, era dovuto al fatto che il collegamento marittimo tra la Sardegna e la città ligure partiva da Porto Torres.

Leonardo Ingolottinonostante le sue origini liguri, era però ben radicato nella mentalità di Sassari, ne conosceva a fondo il dialetto, al punto che pochi in città lo hanno sentito parlare in italianoa questo aggiungeva quella maniera di fare cionfraiola, fatta di battute pronte, pungenti ed ironiche, che tutti riconoscono agli abitanti della città.  

Alla visita di leva, il 24 Novembre del 1914, Leonardo Ingolotti risulta analfabeta, di mestiere fa il fabbro, è alto 170 cm, ha un torace di 84 cm, occhi castani, colorito scuro, una cicatrice sulla testa, denti guasti, ma nell’insieme è considerato di sana e robusta costituzione fisica. Risultato: abile di prima classe. 

 

Nel primo conflitto mondialeViene chiamato alle armi il 12 Gennaio del 1915, incorporato il 24 Gennaio, giorno dell’entrata in guerra dell’Italia, nel 29° Reggimento di fanteria e il 27 dello stesso mese trasferito in territorio di guerra. Appena costituita la Brigata Sassari, nei primi mesi del 1916, vi fu trasferito come molti sardi prima appartenenti ad altri reparti. 

La prima battaglia di Castelgomberto, nella quale viene ferito, perdendo il totale uso del braccio sinistro, fu una delle più cruenti combattute nella Grande Guerra; si inquadra nell’ambito della più vasta offensiva austro-ungarica di primavera, lanciata nel Maggio del 1916, finalizzata a sfondare le linee italiane attraverso gli altipiani di Folgaria, Lavarone ed Asiago, per giungere nella pianura vicentina e isolare il grosso del nostro esercito schierato sull'Isonzo.

Dopo due settimane di combattimenti, l'esercito austro-ungarico pareva vicino al successoerano arrivati ad Asiago, ma di fronte, nel Monte Fior e nel Monte Castelgomberto, si trovarono posizionati in difesa i soldati italiani di 2 battaglioni della Brigata Sassari e gli Alpini dei Battaglioni Morbegno, Val Maira, Argentera e Monviso. Queste forze, tra il 5 e il 10 di Giugno del 1916, resistettero, combattendo con impeto, ardore ed onore anche all’arma bianca, infliggendo ai nemici pesantissime perdite, impedendo così agli imperiali di invadere la pianura vicentinaInfine peròle truppe italiane furono costrette a cedere le posizioni agli austriaci. 

Le perdite furono grandi da ambo le parti, ma decisamente superiori furono quelle subite dai conquistatori, al punto che, il 24 dello stessoGiugno, i soldati austriaci dovettero abbandonare le posizioni perché impossibilitati a difenderle per i pochi uomini disponibili. 

Per il comportamento tenuto in questa prima battaglia di Monte Fior e Monte Castelgomberto, fu conferita alla Brigata Sassari la prima medaglia d’oro, mentre quella d’argento fu assegnata al 2° e al 5° Reggimento degli Alpini.

Leonardo Ingolotti in quella sanguinosa battaglia fu ferito nella prima decade di Giugno, perdendo l’uso del braccio sinistro. Partì dalla zona di guerra il giorno 16 dello stesso mese. Dopo mesi trascorsi tra ospedali militari e convalescenze, fu fatto rientrare nei ranghi dell’esercito al 45°deposito di stanza ad Ozieri, rimanendovi fino al 1° Maggio del l9 quando, riconosciuto inabile, fu mandato in congedo temporaneo. Tuttavia dovrà attendere l’8 Marzo del 1927 per vedersi riconosciuta definitivamente la sua invalidità permanente per mutilazione di guerranella stessa data gli viene concessa una pensione di terza categoria, la più bassa prevista. 

Degna di nota è la sua condanna a 5 mesi di reclusione di carcere militare, emessa dal Tribunale militare di guerra di Cagliari il 29 Marzo 1918, per furto commesso nel deposito di Ozieri di “munizioni per bocca”, che nel linguaggio militare di allora erano i cibi. La pena gli fu però sospesa per meriti di guerra.

Le autorità militari si ricordarono di lui il 16 Luglio del 1928, giorno successivo al suo 33° compleanno, riconoscendogli che “aveva servito la patria con fedeltà ed onore”, concedendogli   due decorazioni e il distintivo di grande mutilato di guerra. Il mese successivo fu il Comando interalleato a decorarlo con una medaglia, concessa durante la Grande Guerra a pochi soldati semplici.  

Termina qui la storia militare del fante della Brigata Sassari IngolottiLeonardo, eroe della Grande Guerraper lui, purtroppo, con la fine delconflitto, inizia quella triste, drammatica e umiliante, di Trappadé.

La sua vita inizia ad essere dura ancor prima del suo congedo: nell’Agosto del 1918 muore sua madre Assunta, mentre egli continua a peregrinare tra ospedali militari e deposito di Ozieri. Rientra a casa dopo la concessione del congedo temporaneo del 19, ma non può certo vivere con la paga di soldato semplice assegnataglisuo padre Efisio inizia ad essere anziano, lavora poco perché per esercitare il mestiere di fabbro, lo stesso di suo figlio, sono necessari muscoli e forza che in lui stanno diminuendo. 

 

L’isolamento a SassariCon l’unico parente Ingolotti rimasto a Sassari – lo zio Emanuele, fratello del padre – e la sua famiglia, non aveva alcun rapporto, pur conoscendo suoi cugini, compreso uno monsignore e prelato autorevole nella Curia arcivescovile di Sassari. Tutti gli Ingolottierano persone molto religiose e l’aver scoperto che Efisio, fratello maggiore di Emanuele, era diventato da sposato l’amante di Assunta Petretto, anche se poi divenne sua moglie, aveva portato Efisio e la sua nuova famiglia ad essere emarginati dai parenti, se non proprio rimossinon a caso a Sassari nessuno era a conoscenza del vero nome di Trappadé

Assunta Petretto era invece figlia unica e l’unica sua zia Francesca era morta quando Leonardo aveva un anno.

Leonardo non può riprendere il lavoro di fabbro, mestiere che aveva sempre fatto fin da bambino, si può dire, al seguito del padre, perché è impossibilitato dalla mancanza del braccio sinistro.

Nel 1922 si trasferisce a Cagliari sperando, con un po’ di fortuna, ditrovare un lavoro dove aveva vissuto suo padre. Nel capoluogo, l’8 Febbraio del 1923, si sposa con Giuseppa Meloni, una vedova di 44 anni di Selargiuslui di anni ne ha invece appena 28. La coppia si stabilisce nel povero quartiere di Sant’Elia, dove lui svolge piccoli lavori per la comunità di pescatori della zona. 

Nonostante la differenza di età, il matrimonio va avanti fino alla primavera del 1944, quando Giuseppa muorerimasto completamente soloLeonardo cerca consolazione nell’alcool; la sua pensione è talmente misera che i dirigenti della Associazione dei Mutilati di Guerra la ritengono decisamente insufficiente; cosìnel mese di Luglio del 44decide di rientrare a Sassari. Nella sua città di nascita, trova lavoro come commesso nella rivendita di un carbonaio toscano, il signor Melani, in via Carmelo, una sistemazione che gli permette di abitare in una casa dignitosa, al n. 32 di via Arborea, nel palazzo dei bagni popolari. 

In città per molti però era solo Trappadé, per alcuni anche signor Trappadé, per nessuno invece era Leonardo Ingolottiil suo nome e cognome era stato rimosso, quel maledetto nomignolo di battaglia veniva poi ritmato da molti giovani che, vedendolo alticcio, lo provocavano per ascoltare le sue pronte, pungenti e colorite risposte in dialetto che facevano sorridere sempre chi ascoltava. 

Dentro di  però era una persona triste, ferito nell’anima e mortificato dalla solitudine; l’unica persona con la quale a volte si intratteneva era Silvio Tola, un carrozziere di carrozze con cavalli, ex-campione sardo di ciclismo, conosciuto in città per la sua forza erculea, il quale abitava a due passi dalla rivendita di carbone del signor Melani. 

 


Fra emarginazione e alcoolismoDopo due anni trascorsi a Sassari sopportando molte umiliazioni, Ingolotti fugge e rientra a Cagliari, sperando di sottrarsi all’alcool e ai fantasmi di Castelgomberto. A Cagliari, spera di ritrovare i vecchi pescatori di Sant’Elia e di vivere arrotondando la magra pensione, ma la nuova realtà del capoluogo è tragicanon c’è lavoro. Ingolotti finisce per fare il mendicante dorme in posti di fortuna, sempre in compagnia di qualche bottiglia di vino.

Durante questo suo mendicare, un giorno di Aprile del 1947, incontra casualmente un ex-ufficiale della Grande Guerra che, vedendolo con il distintivo da invalido, lo redarguisce malamente, perché stava “disonorando tanti eroici combattenti e il distintivo di grande mutilato di guerra che porta sulla giacca”. 

L’ufficiale non si limitò solo alle parole, accompagnate da qualche offesa ed invettiva, ma intervenne per farlo espellere dalla sezione di Cagliari dellAssociazione Mutilati, segnalandolo fra l’altro alle autorità di pubblica sicurezza come “persona dotata di mezzi di sostentamento derivanti da pensione di guerra”. 

Fu così che l’ultimo giorno di Aprile del 47, Leonardo Ingolotti viene allontanato da Cagliari con un foglio di via, su un treno diretto a Sassari. Il giorno prima, dopo aver ricevuto la notizia che era persona indesiderata, preso dalla disperazione e consumato dall’alcool, si strappò il distintivo di invalido e, con tutte le forze che aveva in corpo, lo gettò in mare.

Il Comune di Sassari, come faceva con tutti i senza fissa dimora, lo sistemò nell'Ospizio di San Pietro, dove per altro andava raramente, preferendo dormire in qualche rifugio di fortuna, nelle vie del Centro storico e più spesso nella stalla di via Quesada, dove Silvio Tola teneva i suoi cavali, fornendogli spesso cibo e anche qualche bottiglia di vinoSilvio Tola è stato probabilmente per lui uno dei rari amici in quellaSassari che lo umiliava continuamente

Alcuni dirigenti della sezione di Sassari della Associazione dei Mutilati ed Invalidi di Guerra, vedendolo umiliato, deriso  e offeso per le vie del centro storico, per di più costretto a mendicare un tozzo di pane,  intervennero presso il Comune, riuscendo a fargli ottenere la cartella di povertà e pasti gratis, a pranzo e cena, nel Ristorante Popolare della Frumentaria: una sorta di trattoria dei poveri, dove con la modica spesa di 10 lire, negli anni del dopoguerra, si poteva mangiare un piatto di pasta e bere un bicchiere di vino. Lo reintegrarono nell’Associazione, gli fecero riavere il distintivo di grande invalido e intervennero in sua difesa contro i tanti incivili e maleducati che lo umiliavano quando girava per le vie del centro trascorrendo il tempo tra una bettola e l’altra. 

I dirigenti dell’Associazione, per esempio, scrissero lettere di fuoco al commendator Sebastiano Pani, gestore del servizio tranviario cittadino, invitandolo ad intervenire anche con drastici provvedimenti sugli autisti degli autobus che, appena lo intravvedevano, ne provocavano la suscettibilità, ritmando con il clacson il suo nomignolo allo scopo di farlo reagire con le sue colorite espressioni.  

Altrettanto fecero con il colonnello Pagliaro, comandante dei vigili di urbani di Sassari, ex ufficiale e decorato della Grande Guerra, affinché“intervenisse presso i vigili in servizio al civico mercato contro i giovani energumeni che in continuazione umiliano il grande invalido di guerraLeonardo Ingolotti”. Tuttavia l'aiuto più grande che egli ricevette daidirigenti dell'Associazione fin dal suo ritorno a Sassari fu il grande impegno che profusero per fargli rivalutare la misera pensione di terza categoria. Lo fecero con continui e persistenti ricorsi e contro-ricorsi, presso Ministeri, Comandi, ospedali militari e autorità di ogni tipo. 

La loro solerzia fu premiata solo nel 1959, quando finalmente a Leonardo Ingolotti, dopo l'ennesimo controllo dei sanitari militari, fu riconosciuta una pensione di prima categoria. 

 

Un po’ di serenità in una casa di riposo. La fineOttenuta finalmente una pensione decente, i dirigenti dellAssociazione, nel 1961, lo convinsero infine a ritirarsi nella casa di riposo di Buddusò, lontano da Sassari, dove finalmente Ingolotti-Trappadé trovò un po’ di quella serenità che gli era sempre mancata.

La casa di riposo era situata in un caseggiato molto bello e signorile, ben tenuto e ben gestito da suore e dipendenti, arredato con mobili antichi. In questa casa Leonardo Ingolotti fu un ospite corretto, sempre rispettoso verso gli altri ospiti, il personale e le suore anche se … il bicchiere non lo aveva certo dimenticato. Tendeva anche a Buddusò ad essere solitario, difficilmente partecipava alle feste di paese, Pur essendo il suo soprannome conosciuto attraverso ambulanti di Sassari che al mercoledì arrivavano in paese per il mercatino, egli non fu mai dileggiato e umiliato, al massimo qualche volta succedeva che venisse chiamato Trappadé da qualche ragazzino. 

Tutti a Buddusò lo conoscevano e lo rispettavano, per tutti era semplicemente “Tiu Linardu”. Morì il 23 Dicembre del 1966al suo funerale dietro il feretro c’erano tutti gli anziani della casa di riposo e i dirigenti della Associazione dei Mutilati e Invalidi di Guerra di Sassari e Ozieri con le loro bandiere. Fu seppellito in una fossa per poveri del cimitero del paese, rimossa nel 1990 e i suoi resti, insieme a quelli di altri poveri, furono sistemati in una fossa comune. 

 

Tore Sanna Sobracau

 

PS: La ricerca è tutta documentata, compresi i materiali riguardanti i familiari. Le informazioni militari sono state attinte dall’Archivio del Ministero della Difesa, mentre i dati relativi alla visita di leva e al periodo militare sono tratti dall’Archivio di Stato di Sassari. Unica delusione provata, nelle ricerche fatte presso l’Archivio del Ministero della Difesa, il non aver trovato conferma che Emilio Lussu, combattente nella battaglia di Castelgomberto col grado di tenente, fosse un superiore diretto di Ingolotti.

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