Mentre un nutrito numero di pastori sardi vengono processati per le manifestazioni di protesta del febbraio/marzo 2019, soprattutto in virtù dell’introduzione di aggravanti nei decreti Salvini, Marcello Fois in una nota pubblicata domenica 23 maggio sulle pagine della Nuova Sardegna, inanella una serie di considerazioni da far accapponare la pelle anche ai più cinici lettori. I pastori sotto processo, se ritenuti colpevoli dei reati di cui sono accusati, rischiano da 1 a 6 anni o addirittura il raddoppio della pena se il reato viene commesso da più persone e lo scrittore nuorese, nel furore cieco di dare addosso alla Lega ed al suo leader Salvini, mette nei gironi dell’inferno anche i pastori che, a suo dire, sarebbero stati istigati a compiere quegli atti di protesta, – versare bidoni di latte sulle strade sarde, bloccare la 131 e costringere alcuni autisti a svuotare intere cisterne - manifestazioni che hanno avuto eco in tutti i media del mondo e piena solidarietà da tutte le comunità sarde al solo scopo di determinare un vantaggio per la campagna elettorale della Lega nelle elezioni regionali del febbraio di quell’anno. Non una parola sulle ragioni di quel gesto estremo di protesta, che molti dei pastori compivano con le lacrime agli occhi, consapevoli di disperdere in quel modo una parte importante del loro duro lavoro. No, su quelle ragioni non vale la pena pronunciare alcuna parola, meglio invece trovare definizioni bizzarre ed offensive nei confronti dei simboli e delle persone coinvolte. Fois definisce la bandiera dei quattro mori stampata su una felpa ed i “pastori osannanti”,” griffes cascamentose” e folk”. Non solo, poche righe più in là rincara la dose e non indugia sulla felpa indossata da Salvini, ma direttamente su coloro che a suo dire ne sono simboli, “pastori e quattro mori, la sintesi più deprimente che possiamo permetterci”. Simboli, pastori e bandiera, che potrebbero, bontà sua usa il condizionale, diventare “un crisma di dipendenza, di colonizzazione anziché di resistenza”. In parole povere Fois confonde scientemente alcuni pastori che protestavano e si accompagnavano alcune volte al leader leghista con l’intero universo dei pastori, bolla tutta la categoria e tratta la bandiera dei sardi come un simbolo deteriore solo perché un politico se ne appropria strumentalmente e la fa stampare su una felpa da aggiungere alla sua già numerosa e variegata collezione. Mi piacerebbe capire se, a prescindere da Salvini e dalla sua palese strumentalizzazione a soli fini elettorali, i gesti dei pastori lo abbiano impressionato negativamente o gli abbiano mostrato il problema vero di quei giorni: una categoria produttiva, in qualche modo anche simbolica per i sardi, che spargeva a terra il frutto del proprio lavoro perché esasperata dallo sfruttamento subito dagli industriali caseari e dall’abbandono della intera classe politica sarda, buona, alla stessa stregua di Salvini, solo a fare promesse o a elargire briciole di assistenzialismo senza mai intervenire a risolvere o perlomeno tentare di risolvere gli innumerevoli deficit strutturali del settore. Non un cenno al fatto che quelle proteste furono frutto di disperazione di una intera categoria che, scoraggiata dalle esperienze negative del passato, ha solo cercato una modalità di protesta eclatante e un appiglio nelle forze politiche che in quel momento prospettavano soluzioni miracolose. Molto probabilmente se Fois non si fosse fatto guidare dall’odio nei confronti della Lega e di Salvini e avesse dato uno sguardo alle analisi del voto avrebbe scoperto che il tanto decantato successo della Lega tra i pastori è stato piuttosto parziale e contenuto. Nelle elezioni regionale del 2019 la Lega ha ottenuto l’11,4%, sono stati eletti appena otto consiglieri, quattro nelle circoscrizioni di Sassari e Cagliari, uno in Gallura, uno a Nuoro, uno ad Oristano ed uno nel Medio Campidano; la Lega ha ottenuto percentuali simili sia in ambito urbano che rurale, nella Barbagia come nel Campidano, nella turistica Gallura e nella tanto “decantata terra di pastori”che è Alghero. Sono veramente indignato dall’atteggiamento di Fois nei confronti di chi, strumentalizzato o meno, sta rischiando la propria libertà in tribunale nel nome di un sacrosanto diritto, vedere remunerato equamente il frutto del lavoro ottenuto con fatica e impegno. Se si fosse chiesto perché il mondo dei produttori di latte non riesce a scrollarsi di dosso quella che agli occhi di un profano può sembrare una maledizione eterna, avremmo potuto convenire con lui, invece nel suo commento Fois ha solo dimostrato di aver usato un fatto tutto sommato marginale, la strumentalizzazione di Salvini, per sputare veleno sui quattro mori e l’intera categoria dei pastori che, in questo momento, avrebbero avuto bisogno solo di una cosa: due parole di solidarietà.
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