UN'ECONOMIA FINALMENTE RICONCILIATA CON LA NATURA di Federico Francioni e Maria Lucia Piga


Premessa. Il convegno “Sardigna terra bia”, tenutosi l'8-9 giugno 2018 nell'accogliente Grand Hotel delle Terme di Fordongianus, ha degnamente ricordato l'impegno ambientalista del medico radiologo Vincenzo Migaleddu, nel più ampio quadro delle iniziative condotte dall'Isde (International society of doctors for environment, di cui egli era responsabile regionale) per difendere la natura, la salute ed il lavoro di uomini e donne. Di grande interesse, sempre corroborato da una notevole quantità di cifre e riscontri, è stato il quadro messo a punto dalle relazioni: importanti, in particolare, quelle di Salvatore Brianda, Paola Correddu, Patrizia Gentilini, Ferdinando Laghi (vicepresidente Isde-Italia), Salvatore Marchi, Domenico Scanu, Gianni Tamino e Claudia Zuncheddu. Anche le tavole rotonde, per niente generiche e scontate, ben coordinate da Gilberto Arru, Stefano Deliperi, Pietro Loi e da altri, hanno offerto una grande messe di spunti per la riflessione teorica e per delineare possibili alternative al degrado attuale. Notevole - ed infine  giustamente premiato - è stato lo sforzo teorico-scientifico dell'Isde, soprattutto dello stesso Scanu (succeduto a Vincenzo), che ha lavorato in sintonia ed in collaborazione con la famiglia del medico prematuramente scomparso poco più di un anno fa: erano presenti all'evento la moglie Maria Luisa Marongiu (docente colta e sensibile, attenta a nuove procedure didattiche), col figlio Gianmichele (fra le teste pensanti dell'organizzazione), la sorella di Vincenzo, Maria Vittoria, col marito Dyaa Ajkabache (già funzionario della Fao a Roma, anch'egli relatore). 
Un nuovo disordine mondiale. Si propongono in questa sede alcune considerazioni, non con la pretesa di integrare o approfondire quanto è emerso a Fordongianus, ma con l'obiettivo di stimolare un dibattito il più ampio possibile. Nel sistema globale, dopo la caduta del Muro di Berlino, non ha preso corpo una nuova fase imperniata sul superamento delle diseguaglianze sociali, sulla redistribuzione dei redditi, sul superamento degli squilibri territoriali, ma un nuovo ordine caratterizzato da guerre, migrazioni dovute ai retaggi del colonialismo, a nuovi conflitti, ad un sempre più accentuato degrado ambientale, alla mancanza di approvvigionamenti idrici, ad eventi climatici estremi. Al crollo del socialismo reale ha fatto prevalentemente riscontro l'afasia o l'adeguamento delle socialdemocrazie verso i dogmi del liberismo selvaggio, che hanno preso piede negli anni Ottanta. Dopo il 1989, la popolazione totale dei paesi dell'Europa orientale, Russia a parte - dopo aver avuto ben poco tempo per festeggiare il crollo di regimi totalitari - è calata di 24 milioni di abitanti, sottoposta all'esodo biblico delle energie più giovani e promettenti (J.-A. Dérens, L. Geslin, L'esodo che sta spopolando i Balcani,  “Le Monde diplomatique-Il Manifesto”, n. 6, giugno 2018). Per non parlare del tasso negativo di natalità; quanto a questo fattore ed allo spopolamento, la nostra isola è dunque in buona compagnia. Di recente, contro le discorsività dominanti sui flussi migratori - ispirate a modalità, edite e inedite, di razzismo e discriminazione - padre Alex Zanotelli ha lanciato un accorato appello, descrivendo lucidamente il quadro tragico delle guerre che dilaniano l'Africa, dove inoltre masse crescenti di popolazione soffrono in modo sempre più acuto per la mancanza d'acqua. arrazioni dei mass-media dominanti, storytelling, una letteratura che cavalca la logica del mercato, sempre più catturata dall'esorbitante noir, in Sardegna e altrove, non hanno affrontato i temi dell'ambiente, come ha criticamente rilevato l'intellettuale e scrittore indiano Amitav Ghosh, ma hanno preferito lasciarli, nella migliore delle ipotesi, alla science-fiction (di questo autore si veda La grande cecità. Il cambiamento climatico e l'impensabile, Neri Pozza, Vicenza, 2017). Nel frattempo cresce l'economia criminale, più o meno sommersa, che agisce d'intesa non solo con il blocco dominante dei combustibili fossili, ma anche con l'accaparramento di cospicui incentivi garantiti da istituzioni che accettano una superficiale riverniciatura di green, in effetti la riproposizione delle combustioni.
Critica di un'economia prometeica che violenta la Terra. Nell'incontro di Fordongianus è stata ribadita la necessità di un'economia circolare, in grado di restituire alla Terra quanto l'uomo le sottrae; altrettanto fermo è stato il rigetto di un'economia lineare, secondo la lucida critica della scienziata e femminista indiana Vandana Shiva che Migaleddu, con il suo strenuo lavoro organizzativo, aveva invitato ad Abbasanta per un incontro rimasto memorabile e che ancor oggi ci fa riflettere. All'appuntamento di Fordongianus, Vandana ha inviato un commosso e partecipe saluto, ricordando le battaglie del medico sardo. Dense di implicazioni scientifiche, filosofiche, economiche ed etico-politiche sono state le relazioni tenute dal già citato Tamino, docente nell'Università di Padova, deputato (prima con Democrazia proletaria, poi con la Federazione dei Verdi) per due legislature nel Parlamento italiano, poi per un mandato in sede europea. L'economia circolare, egli ha affermato, intende imitare il ciclo Sole-piante: il processo più importante, fra quelli della superficie terrestre, mediante il quale le piante assorbono energia luminosa, la convertono in quella chimica potenziale e formano sostanze organiche, costituenti i composti della materia vivente, vegetale e animale (fotosintesi clorofilliana). Già, ma quanto può durare il Sole? Orbene, abbiamo solo alcuni miliardi di anni per pensarci su! Invece gli attuali apparati produttivi, che bruciano combustibili fossili, fanno parte di un'economia prometeica che, possiamo ben dirlo, è in grado di violentare, di stuprare la Terra, provocando inquinamenti, ammassando rifiuti in quantità crescente, sprecando materia ed energia. In nome della legge del profitto trionfa in effetti quell'ottusità degli uomini, che vuole scontrarsi frontalmente con le leggi della Natura e con gli stessi principi della termodinamica. 
Un'utopia concreta e possibile. A Fordongianus è stato spiegato che un decimillesimo dell'energia solare è sufficiente al fabbisogno del nostro Pianeta. Questo tipo di energia si può presentare senza padroni e controllori in grado di assoggettarci; è giusto avere a che fare solo con quei commercianti che vendono i pannelli. D'altra parte, nel corso del convegno, diverse voci si sono giustamente levate contro gli eco-furbi, cioè quelle grandi imprese che, attratte dagli incentivi, pretendono di occupare, con enormi impianti di rinnovabili, vasti suoli con la vocazione all'agricoltura, alla pastorizia, al turismo, ad un'accurata tutela paesistica. A Narbolia, nella Provincia di Oristano, ben 64 ettari sono stati occupati da impianti di eco-furbi (ed è solo un esempio). Infonde però ottimismo il moltiplicarsi in Sardegna di comitati che si oppongono a tali installazioni, in nome di una reale alternativa energetica e che hanno già conseguito significativi risultati (bocciatura del progetto c. d. “Eleonora”). D'altra parte l'isola tende a diventare sempre più un hub per la produzione di surplus energetico, con relativa, massiccia esportazione, cui corrisponde la beffa, per i sardi, di bollette superiori di circa il 30%  a quelle delle altre Regioni. Già nei primi anni Ottanta (vogliamo qui ricordarlo) ciò era stato al centro della forte denuncia politica e dell'iniziativa condotta dal gruppo denominato “Commando Amsicora” (composto da Giovannantonio Bruno, Mario Doria, Tonina Fadda, Pino Giordo, Rita Maresu, Giampiero Marras, Nando Nocco, Gavino Sale). In collegamento diretto con Radio radicale, venne occupata la centrale di Fiumesanto. In seguito, un prefetto della Repubblica ricevette gli occupanti e riconobbe onestamente che la denuncia di tale manifesta discriminazione era più che fondata. Al processo gli autori della protesta si videro inoltre riconosciuto da un giudice il diritto ad esprimersi in lingua sarda e ad usufruire di una traduzione in italiano per mezzo di un perito appositamente nominato. La logica di organismi come l'Enel e di aziende come quelle degli eco-furbi non porta il minimo vantaggio alle popolazioni locali che, semmai, sono ricompensate con ridicoli utili economici, ammesso e non concesso che sia auspicabile monetizzare aree che poi saranno gravate da nuove servitù. In tale ambito risulta proficuo riprendere e sviluppare l'impianto teorico partecipativo, contenuto nei libri di Jeremy Rifkin - come Economia all'idrogeno ed Ecocidio - che è approdato all'idea di una gestione delle fonti energetiche ad opera ed alla portata di singoli e di comunità, sottratte infine al mefitico ed asfissiante controllo di giganti e monopoli, dall'Enel ai privati. Questa è l'utopia concreta, possibile, verso cui dobbiamo muoverci; del resto il costo del solare è da tempo in calo: ciò contribuisce a dimostrarne la convenienza. Occorre ricordare a questo punto che Migaleddu, prima della sua prematura scomparsa (che ancora avvertiamo acutamente), aveva progettato di invitare lo stesso Rifkin in Sardegna. Le biomasse (che bruciano legno, paglia, letame, mais ed altre sostanze) non vanno di certo incontro ad un ribasso dei costi di produzione. Gli impianti di biomasse, sembra quasi superfluo aggiungerlo, sono forniti di camini, sono dunque ancora legati a regimi di combustione. Inoltre la spasmodica ricerca di incentivi favorisce, come si è già detto, le attività speculative, in grado di attirare i loschi appetiti della malavita organizzata. Mafia e n'drangheta, come più volte aveva rimarcato Vincenzo, hanno esteso i loro tentacoli al Centro, al Nord della Penisola, nel mondo intero, trovando insospettate e insospettabili coperture politiche. Non ci risulta (ma vorremmo essere smentiti) che su questa problematica Matteo Salvini intervenga spesso, se non altro con la stessa frequenza con cui parla di emigrazione-immigrazione. Anche il metano, con le sue polveri sottili, inquina. La dorsale che si vuole realizzare in Sardegna arriva con grande ritardo e si prospetta come una mega-struttura impattante anche su terreni agricoli, cioè come una nuova, pesante servitù.
Una nuova visione del mondo. Alla critica della situazione presente va interconnessa l'idea di una pensiero sistemico circolare. Fra Settecento e Ottocento, la rivoluzione industriale, oltre a costi umani e sociali quasi inenarrabili, ha provocato in 200 anni dei cambiamenti che hanno messo in crisi equilibri ecologici costruiti da una vita sul Pianeta, che dura da 4 miliardi di anni. Per arrivare ad uno spazio che ci riguarda molto da vicino, va ricordato che certi squilibri agiscono pesantemente sul Mediterraneo, specchio con scarsissimo ricambio d'acqua, sul quale si affacciano popolazioni ammontanti a 200 milioni di persone. In questo modo non solo si compromette, ma si ruba anche il futuro alle nuove generazioni, alle quali stiamo inoltre consegnando un corredo genetico già alterato. Non è dunque assolutamente consigliabile far arretrare ancora di più, di anno in anno, l'overshoot day, cioè il giorno in cui risulta già consumato dal genere umano (soprattutto in Italia) quanto la Terra ha prodotto in un anno. Si prenda in considerazione il caso della Cina, dove i governi sono responsabili in primo luogo di una politica che ha creato un mix di capitalismo selvaggio (non esente dall'uso di manodopera schiavile) e dittatura di partito. Questo paese è altamente inquinato, per quanto di recente i gruppi dirigenti si siano impegnati per ovviare alle conseguenze delle emissioni di carbone e di altri combustibili fossili. Nell'Europa occidentale la situazione dell'area comprendente Belgio, Olanda, Germania e Pianura padana risulta la più preoccupante. La catena alpina del resto costituisce una sorta di “contenitore” dell'inquinamento, anche perché fa da barriera ai venti.
L'alternativa. A questo punto l'agricoltura si presenta come primo, decisivo punto di svolta, come settore produttivo fondamentale per cambiare rotta, per contrastare desertificazione, siccità, cicloni, alluvioni, carestie, epidemie, eventi estremi che diventano sempre più intensi e ripetitivi (si veda ancora una volta la testimonianza personale del già citato scrittore indiano Ghosh nel suo volume La grande cecità). Diventa indispensabile porre fine all'uso forsennato dei pesticidi: l'atrazina è proibita da anni, ma risulta incamerata in acque profonde: insomma, è come mettere veleni in una cassaforte che dovrà essere poi aperta e gestita dalle nuove generazioni. Il glifosato è un pesticida che ha conquistato il mondo ed è venduto dalla Monsanto, produttrice degli Ogm: il Roundup della stessa multinazionale ha come ingrediente attivo proprio il glifosato, messo in rapporto ai linfomi non-Hodgkin e alla leucemia dei bambini. Tutto ciò, sia concesso aggiungere in questa sede, dovrebbe indurre ad una rilettura critica delle tesi sostenute da Elena Cattaneo, biologa, farmacologa, docente nell'Università di Milano, accademica dei Lincei, dal 2013 senatrice a vita (cfr. il suo volume Ogni giorno. Tra scienza e politica, in collaborazione con J. De Falco e A. Grignolio, Mondadori, Milano, 2016, pp 69 e ss.) che dedica decine di pagine agli Ogm, difesi a spada tratta, ritenuti assolutamente non dannosi alla salute. La Cattaneo ricorda solo di sfuggita ed in chiave negativa le battaglie della Shiva contro i monopoli, i brevetti, nonché quelle in favore dei contadini indiani; la docente italiana riconosce che al mondo ci sono scienziati non certo favorevoli agli Ogm, ma aggiunge che costoro sono pochi, si limitano a “balbettare”, propongono teorie false contro colleghi ben più ferrati di loro, i quali hanno prodotto in decenni argomentazioni inconfutabili in favore della non pericolosità degli Ogm. In ogni caso, com'è emerso a Fordongianus, questi fanno parte integrante dell'agricoltura industriale ed i pesticidi, con le ricadute che hanno su aria, suolo, acque e catena alimentare, esercitano conseguenze deleterie per il sistema nervoso: dalla Sla al Parkinson ed all'Alzheimer. Invece di risolvere gli squilibri alimentari del mondo intero, gli Ogm aumentano la dipendenza dei paesi poveri nei confronti delle grandi imprese come la Monsanto, di recente assimilata dalla Bayer, produttrice di pesticidi e di farmaci. L'Europa, l'Italia e specialmente la Sardegna dovranno ben guardarsi dallo strapotere di questo colosso. Che dire inoltre, per fare solo un esempio, dello scienziato sir Richard Doll (1912-2005) che era nel libro paga della Monsanto? Ne ha parlato l'autorevole quotidiano inglese “The Guardian”, suscitando  un'eco notevole nella stampa britannica. I colleghi di Doll lo hanno difeso, sostenendo, fra l'altro, che questi avrebbe donato quanto ricevuto al Green College di Oxford. Non viene posto in discussione, s'intende, un determinato ruolo scientifico di Doll che, già nel 1950, iniziò a pubblicare contributi di rilevante interesse sul nesso tra fumo e tumori, ma il problema del conflitto d'interessi, al riguardo di questa personalità, non è infondato.
Su questo punto bisogna riconoscere che la Cattaneo non sembrerebbe disposta a fare sconti. Ella scrive infatti: “Com'è possibile che scienziati affermati, di fama internazionale, con pubblicazioni di prim'ordine e indice di citazione stellare, colleghi ai quali ho sempre guardato con ammirazione e rispetto, che ho sempre immaginato impegnati alla ricerca e al rispetto delle regole della trasparenza e del reciproco controllo, tipiche del mondo scientifico, quando è il momento di 'gestire' finanziamenti pubblici, balenandosi la possibilità di avere una fetta per sé, abdicano a tale metodo, optando per quello che Gilberto Corbellini ha definito 'consociativismo amorale' ?” (pp. 199-200). Per non parlare della connection, come si è scritto, tra aziende private e scienziati. In ogni caso colpisce negativamente, nel libro della Cattaneo, la totale mancanza di un riferimento, di un appello, anche nelle pagine finali, all'emergenza ambientale: il Pianeta è entrato in una fase pressoché agonica, ma ciò non sembra preoccupare affatto l'illustre scienziata italiana. In Cina si è arrivati al punto che, a causa della moria delle api, l'impollinazione deve avvenire tramite intervento umano. Negli Stati Uniti il presidente Barack Obama aveva da tempo lanciato in proposito un significativo allarme. Un'alternativa a tale stato di cose, che valga anche e soprattutto per la nostra isola, può essere rappresentata da una rete rurale di agricoltura non industriale, ma biologica, contadina e di piccole dimensioni (occorre però al riguardo una legge regionale), come strada per procedere verso una sovranità alimentare ed energetica. Ciò significa puntare sui semi locali e salvaguardare la biodiversità. Al riguardo sono state formulate dalla Fao precise direttive che sono state tradotte anche in lingua sarda.
Biodiversità e lingue delle minoranze. Nel corso del convegno di Fordongianus, di grande interesse è stato l'intervento di Maria Vittoria Migaleddu che, dopo i contributi da lei stessa pubblicati in materia di psicolinguistica (cfr. in particolare il suo saggio Vantaggi cognitivi del bilinguismo, sulla rivista “Mathesis-Dialogo tra saperi”, pp. 25-35), ha giustamente insistito su un nesso quanto mai delicato: quello fra biodiversità e pluralità delle lingue, entrambe minacciate da eventi epocali, dall'uniformismo della globalizzazione, dalla crisi economica attuale (la più grave e la più prolungata negli anni, anche rispetto a quella del 1929), dai picchi estremi di un clima alterato ed alterante, da politiche governative che discriminano, ignorano, trascurano o non mettono in pratica norme a favore delle minoranze nazionali e linguistiche. Si tratta di un problema studiato dagli organismi internazionali, fra i quali occorre ricordare soprattutto l'Unesco che ha inserito fra i suoi obiettivi quello di preservare la diversità delle lingue. Relativamente a questo nodo, qui ci sembra opportuno aggiungere che le ricerche sul multiculturalismo (si vedano, per esempio, i testi di Seyla Benhabib e di Domenico Melidoro), nonché i post-colonial studies (cfr. soprattutto, di Gayatri Chakravorty Spivak, Critica della ragione postcoloniale. Verso una storia del presente in dissolvenza, Meltemi, Roma, 2006), particolarmente attenti alle sedimentazioni di secoli di colonialismo, alle devastazioni dell'imperialismo sul piano culturale, non hanno invece riservato alla molteplicità ed alla pluralità delle lingue quell'attenzione critica che era invece legittimo aspettarsi da questi autori. Comunque la battaglia per la valorizzazione ed il riconoscimento giuridico ufficiale della lingua sarda, in ogni ordine e grado dell'istruzione, nella scuola, nella società e nei mass-media, nell'ambito più vasto delle iniziative in favore delle nazioni europee prive di Stato, dall'Irlanda alla Scozia, dai Paesi Baschi alla Catalogna, dalla Corsica alle minoranze linguistiche dello Stato italiano, è stata fra gli impegni strenuamente coltivati in tutta la sua vita da Vincenzo. Valorizzazione e ufficialità del sardo, come ha opportunamente ricordato Maria Vittoria, non sono certo istanze slegate dalla cura per la biodiversità e la salute umana, anzi! Dobbiamo adottare una visione non settoriale, ma olistica dei problemi, da quello dell'inquinamento a quello della salute, dalla visione dei diversi comparti produttivi - che necessitano di una radicale riconversione in chiave ecocompatibile - ai vari segmenti della cultura e ciò in stretto rapporto con quel pensiero sistemico circolare di cui si è parlato. Tutto ciò va incardinato in un New Deal per la Sardegna. 
 Il cancro gioca a dadi? Vincenzo era solito affermare che il diritto alla salute non significa solo diritto ad essere curati adeguatamente, ma anche e soprattutto a non ammalarsi, a godere di ben-essere (com'è stato sostenuto anche sulla rivista “Mathesis”), cioè di una sana e dignitosa qualità della vita. Nel corso del convegno, ciò è stato ricordato più volte, anche dalla già citata Gentilini, in chiave polemica verso quella tesi - che ha avuto grande rilievo nella stampa ed anche favorevole accoglienza nel mondo scientifico - secondo la quale il cancro “giocherebbe a dadi”: insomma, il 65-70% dei tumori sarebbe dovuto a mera casualità. Un contributo su questa tematica, che però ha suscitato anche varie polemiche, è quello di C. Tomasetti e B. Volgestein (cfr., di questi autori, Variation in Cancer Risk among Tissues can be explained by the Number of Stem Cell Divisions, in “Science”, 347, 6217, 2015, pp, 78-81). Il problema è legato anche all'intervento dello Stato, degli Enti locali e degli organismi sanitari. Perché stanziare grosse somme in bonifiche dei territori già industrializzati, se i tumori derivano dal caso?  Per venire alla nostra isola, sarà opportuno ricordare che, secondo dati dell'Istat, attualmente risultano diagnosticati di tumore ben 70.000 sardi, con una crescita di 9.000 casi nel 2017 (se n'è parlato in un convegno cagliaritano promosso da Salute Donna onlus in collaborazione con 19 associazioni di pazienti, cfr. “La Nuova Sardegna” del 19 giugno 2018). L'incidenza di determinate patologie va comunque esaminata in relazione ai singoli territori, com'è emerso dal Registro tumori della Provincia di Sassari, che l'epidemiologo Mario Budroni e Francesco Tanda, docente di Anatomia patologica nell'Ateneo turritano, vanno redigendo ormai da decenni. Tutti quelli che sono stati diagnosticati come affetti da tumore in area di Porto Torres (dichiarata come Sin, Sito di interesse nazionale) sono stati colpiti dal male per puro caso? Come mai il problema non si presenta con la stessa incidenza in altre aree? Non si configura piuttosto un rapporto cause-effetti, certo ancora da approfondire e da sviscerare? 
Patologie, tumori e insediamenti militari. Quanto detto fin qui permette il rinvio ad un nodo che ha assunto da tempo un rilievo di spicco, cioè di carattere internazionale, in grado di proiettare ancora una volta il caso sardo in una dimensione più vasta: le servitù militari che da decenni gravano sull'isola. Il poligono di Quirra si estende per 14.000 ettari ed è il più grande d'Europa. Non parliamo qui di Teulada e di Capo Frasca. A Quirra si svolsero esercitazioni cui parteciparono i militari del regime di Gheddafi, i quali ebbero accesso a quanto veniva sperimentato, mentre ogni tipo di informazione era ed è precluso alla comunità locale. Nel caso dell'esercitazione denominata Trident fu adottata l'espressione “guerra simulata”: già, ma simulata fino a che punto? Se lo è chiesto, durante la sua relazione al convegno, la dottoressa Zuncheddu, impegnata fra l'altro nelle cure ai bambini Tuareg e già consigliera regionale. Che cosa si esperimenta? Per esempio, l'uranio impoverito negli ordigni bellici, oppure il fosforo bianco (su poligoni e servitù militari, sui meccanismi di esternalizzazione, applicati da Stato e governi italiani alla Sardegna-colonia, si veda anche il contributo di Luigi Piga e Michele Salis, sulla rivista bilingue “Camineras”, n. 6. 2018). Nei territori dei poligoni, in quelli sottoposti a servitù militari, crescono intanto le patologie e le incidenze tumorali: pastori affetti da leucemie, malformazioni nei bambini, nei maialetti, crollo della fertilità, interruzioni di gravidanza. Diventa improcrastinabile avviare in questi territori delle bonifiche le quali tuttavia richiedono investimenti di grande consistenza. La Maddalena, già proclamata Sin (Sito di interesse nazionale) ora è diventata Sir (catalogata cioè di solo interesse regionale): il problema quindi viene scaricato sulle casse della Regione. Su questo e su altri temi, nel corso dell'incontro di Fordongianus, oltre ai relatori già ricordati, sono intervenuti con passione, con documentate analisi e denunce, Manuel Alivesi, Laura Cadeddu, Angelo Cremone, Bustianu Cumpostu, l'imprenditrice Daniela Ducato, Marco Mameli, Giacomo Meloni (segretario della Confederazione sindacale sarda), Carlo Vincenzo Monaco, Martino Orrù, Paola Pilisio, Pietro Porcedda, Carmelo Spada del Wwf e molti altri fra cui alcuni amministratori competenti e preparati, come la sindaca di Olzai, Ester Satta e quella di Sarule, Mariangela Barca. Presenti anche alcuni magistrati. 
Conclusioni. Una riserva - che certo non intende mettere in discussione il valore scientifico, etico -politico e culturale del convegno - riguarda un riferimento, che è stato peraltro occasionale, all'illuminismo, considerato in effetti, da alcuni intellettuali ed ambientalisti, anche del Terzo Mondo, come corrente prometeica, apologetica di un progresso tecnologico a tutti i costi, negatrice dunque delle ragioni della natura. In effetti, oltre le diverse tendenze - oltre cioè quegli autori legati alle componenti illuministiche del meccanicismo e del materialismo sensista - è stato proprio nell'ambito della grande corrente settecentesca che sono nate le preoccupazioni ed i primi progetti concreti per la salvaguardia dell'ambiente. Si è parlato inoltre di Antropocene, termine coniato dal Premio Nobel Paul Crutzen, per indicare una fase di sfrontato predominio dell'uomo, successiva all'Olocene. Ora, mentre l'Antropocene individua gli effetti, occorre risalire anche alle cause ed alle responsabilità da individuare con precisione intorno al dilagare di determinati fenomeni. Il sociologo Jason W. Moore, direttore del Fernand Braudel Center, ha proposto di inserire il concetto di Antropocene in quello di Capitalocene, onde risalire al sistema economico che sta producendo disastri ambientali mai verificatisi in età precedenti. Lo stesso Moore, prendendo l'avvio dalle ricerche dell'eminente storico francese Braudel sull'economia-mondo, ha parlato di ecologia-mondo, utile per mettere a punto una prospettiva in grado di andare oltre i cupi orizzonti dell'Antropocene (si veda, di J. W. Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo ed inoltre Antropocene o Capitalocene? Entrambi sono stati pubblicati da Ombre corte, Verona, rispettivamente nel 2015 e nel 2017). D'altra parte l'attenzione per la lunga durata e per i grandi spazi non ha impedito allo stesso Braudel di coltivare una viva sensibilità per i singoli luoghi, come dimostrano i suoi volumi su L'identité de la France. In effetti i luoghi presentano caratteristiche di singolarità, non sono sostituibili, non sono interscambiabili, non sono esportabili, né vendibili. Con i collassi ambientali si corre il rischio di perdere delle unicità, patrimoni naturalistici, architettonici, di storie, lingue e culture irripetibili: ciò è stato riconosciuto anche da studiosi non certo sospettabili di essenzialismo e di fondamentalismo. Uno merito grandissimo del convegno di Fordongianus è scaturito proprio dalla sottolineatura della connessione fra le battaglie per il presente ed il futuro della Sardegna e quelle che riguardano l'intero Pianeta. In quest'ultima dimensione, come ha scritto Naomi Klein (in Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile, Rizzoli, Milano, 2015) il problema cruciale non è adottare visioni, linee e logiche più o meno verdi o ambientaliste perché questa volta è in gioco la sopravvivenza dell'umanità. Mettiamoci dunque tutto il nostro impegno di educatori - nella società, nella scuola, nei mass-media, nelle reti d'indignazione e di speranza (come la ha efficacemente definite ed analizzate il sociologo catalano Manuel Castells) - per spiegarlo ai nostri figli ed ai nostri nipoti. Diventa indispensabile, a questo punto, anche una rilettura della classica opera di Hans Jonas sul principio-responsabilità. Cerchiamo dunque di creare una nuova fratellanza (valore fondamentale della Rivoluzione francese) ed anche una nuova sorellanza, per guardare al futuro con maggiore serenità, forti inoltre di un'aggiornata strumentazione teorico-critica. Una grande speranza ci è stata fornita da Papa Bergoglio, con la sua lettera enciclica Laudato si', di cui Vincenzo ci raccomandava sempre letture e riletture accompagnate dalla meditazione.

















































































































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