Nelle scorse settimane a
Sassari, in via Oriani, è stata implacabilmente rasa al suolo “Villa Juanita”,
progettata dall’architetto Antonio Simon Mossa (1916-1971), figura poliedrica e
geniale di architetto, intellettuale, animatore ed organizzatore della cultura
sardista-indipendentista. La sua salda visione politica non gli impediva certo
di essere cosmopolita e favorevole ad un’Europa dove le nazioni senza Stato
potessero finalmente figurare con una loro piena soggettività. Poliglotta, era
particolarmente in sintonia con le istanze di liberazione della nació catalana che oggi si batte per
vedere finalmente riconosciuto il proprio insopprimibile e legittimo dret a decidir.
Simon - lo ha chiarito
l’architetto algherese Giovanni Oliva - vedeva nella pianificazione un
“baluardo contro i balordi” e gli speculatori. Nel 1919 Sassari contava circa
2600 edifici - costruiti in quasi 600 anni - aumentati addirittura di ben sei
volte negli ultimi cinquant’anni, senza che a tale incremento abbia corrisposto
una crescita, in proporzione, del numero degli abitanti (cfr. S. Roggio, Sassari immersa nel suo blob, “Il
Manifesto”, 13 febbraio 2014).
All’abbandono ed al
degrado del centro storico, all’espansione edilizia in un agro, come quello
comunale, che è tra i più vasti di tutti i Comuni italiani (e che tale permane,
nonostante da tempo Stintino abbia conquistato l’autonomia) si sono aggiunti
altri fenomeni deteriori come la demolizione di alcune ville liberty che
qualificavano il contesto urbanistico, architettonico ed artistico sassarese
(ben illustrato in un volume, Sassari tra liberrty e déco, pubblicato
nel 1987 e contenente scritti di Giuliana Altea, Elena Cenami, Giovanni
Maciocco, Marco Magnani, Francesco Manconi e Piersimone Simonetti, con
fotografie di Sebastiano Piras).
L’abbattimento di “Villa
Juanita” rappresenta un altro obbrobrio che fa sparire una costruzione, con
all’interno un vasto spazio verde, prossima al centro attivo cittadino, esempio
qualificante di quello stile mediterraneo - e sostenibile dall’ambiente - tanto
caro al professionista sassarese. Anche villa Cordella, nella vicina via Abozzi
- progettata nello stesso studio tecnico di Simon da un suo amico e collega,
l’architetto Gianfranco Marras - ha subito, come “Villa Juanita”, l’azione
delle ruspe.
Lo scempio in atto va
fermato. Il riordinamento del vasto archivio di Antonio Simon, condotto dal
figlio Pietro, dall’architetto Andrea Faedda - rispettivamente presidente e
vicepresidente dell’associazione “Mastros-Segni e progetti per la città
mediterranea” - e da altri giovani, valorosi professionisti consentirà di
esibire alla Soprintendenza ed al Comune quei materiali che dovranno fungere da
supporto per i non più rinviabili provvedimenti di vincolo e tutela. Senza
questi, vandalismo edilizio e degrado contribuiranno a cancellare l’originale
personalità del nostro centro ed a gettare ancor più i sassaresi e i sardi
nell’alienazione socioculturale, nonché in una sempre più accentuata
dipendenza, innanzitutto psichica e psicotica.
Nelle
immagini che pubblichiamo “Villa Juanita” o “Juannita”, come volle chiamarla lo
stesso Simon.
(Per chi volesse
approfondire, Antonio Simon Mossa
dall’utopia al progetto, a cura di Federico Francioni e Giampiero Marras,
Condaghes, Cagliari, 2003).
Commenti