L’EREDITA’ DI GIANNI FRANCIONI, SUDIOSO DELL’ILLUMINISMO E DI ANTONIO GRAMSCI. GLI ANNI TRASCORSI NEL COLLEGIO “CAIROLI” A PAVIA di Federico Francioni
Venerdì 21 novembre si è svolto a Sassari, nella sala della Fondazione di Sardegna, in via Carlo Alberto, un incontro sul tema “L’officina gramsciana e l’officina dei Lumi. In ricordo di Gianni Francioni”, scomparso a Pavia il 19 maggio del 2025 (era nato a Sassari il 23 marzo 1950). Le relazioni introduttive sono state svolte da Giuseppe Cospito, docente nell’Università di Pavia, collega e collaboratore dello stesso Francioni, nonché di Fabio Frosini, nella riproposizione dei 33 Quaderni del carcere di Antonio Gramsci in una nuova edizione critica; dal suo canto Antonello Mattone, già docente nell’Università di Sassari, ha esaminato in un’approfondita relazione il lascito di Francioni studioso di Cesare Beccaria e di Pietro Verri. Di seguito viene proposto integralmente l’intervento tenuto nella stessa sede da Federico Francioni, fratello di Gianni.
Ringraziamenti. In primo luogo, dal profondo
del cuore, anche a nome dei miei familiari, ringrazio Elisa Pilia, che si è
impegnata a fondo per organizzare questo incontro e per la sua piena riuscita.
Grazie ad ognuno di voi, a tutti coloro che sono qui presenti ma, in particolar
modo, al presidente della Fondazione di Sardegna Giacomo Spissu, che in questa
sede ci ospita, al sindaco di Sassari Giuseppe Mascia, ai relatori Giuseppe
Cospito e Antonello Mattone, a Guido Melis, a Giorgio Macciotta, ad Antonello
Arru e a Caterina Pes, presidente della Fondazione Casa Gramsci.
Premessa. Sì, è stata una mazzata: la
scomparsa di mio fratello Gianni costituisce una netta linea di demarcazione,
segna un prima e un dopo nella mia esistenza. Subito si sono presentate
insistenti nella mia mente immagini della seconda metà degli anni Cinquanta: i
giochi comuni, quanto mai sereni e spensierati, nel giardino della nostra casa
sassarese di via Padre Manzella, fatta edificare – certo, con il contributo
determinante dei miei nonni materni – dai miei genitori Zina e Sergio. Posso
dire che mia madre e mio padre si sono pressoché troncati la schiena per
assicurare un futuro in tutti i sensi migliore ai propri figli. Eravamo in sei:
oltre a me e a Gianni, le mie sorelle Maria Rosaria, Anna Elisabetta (Lizzy),
Gabriella e Marco, l’ultimogenito; con noi, per diversi anni, vissero i nonni
paterni; quindi, oltre a loro, babbo e mamma compresi, eravamo in dieci. Le
giornate trascorrevano per i miei genitori fra l’impegno nella scuola, le
ripetizioni al pomeriggio, per arrotondare il reddito, in cui era impegnato mio
padre, docente di Italiano e Latino nel Liceo scientifico “Giovanni Spano”, il
lavoro domestico cui attendeva mia madre dopo le mattinate trascorse nelle
classi delle Elementari di via Porcellana.
Gli anni trascorsi insieme a
Pavia. Fu
proprio su iniziativa di mia madre che, nell’autunno del 1967, partii con lei
per Pavia: avevamo appreso che era possibile diventare alunni del Collegio
universitario “Fratelli Cairoli” grazie al presalario, il cui versamento
avrebbe garantito vitto e alloggio: era uno dei collegi “storici” dell’Ateneo
pavese; gli altri, com’è noto, erano il Collegio “Fraccaro”, il “Castiglioni
Brugnatelli”, femminile, e i più blasonati “Ghislieri” e “Borromeo”. Gianni,
classe 1950, arrivò a Pavia un anno dopo di me, nell’autunno del 1968.
Gli anni della strategia della
tensione. Ben
presto la nostra vita di collegiali fu turbata dalla strategia della tensione:
eravamo a Pavia, a 20-30 minuti di treno e di autobus da Milano: la notizia
della strage alla Banca nazionale dell’agricoltura, in piazza Fontana – 12
dicembre 1969 – ci lasciò sgomenti. Così accadde per avvenimenti successivi,
come l’assassinio del commissario Luigi Calabresi, su cui non è mai stata fatta
chiarezza: al riguardo, sulla condanna e sulla successiva reclusione di Adriano
Sofri, leader di Lotta continua, sollevò autorevoli dubbi un giornalista come
Indro Montanelli, alieno, antagonista rispetto alla dimensione
politico-ideologica delle lotte di quegli anni. Nell’opuscolo di
contro-informazione La strage di Stato trovammo i nominativi dei
neofascisti Franco Freda e Giovanni Ventura; alla lunga, nelle indagini
giudiziarie, condotte soprattutto dal giudice Guido Salvini, furono individuati
Carlo Digilio, Gilberto Cavallini e Carlo Maria Maggi, del gruppo di estrema
destra Ordine Nuovo, unitamente a personaggi dei Servizi segreti.
La conoscenza del mondo operaio. Negli anni universitari fu
importante, anche da un punto di vista esistenziale e umano, la conoscenza di
operai e lavoratori della Necchi, della Snia Viscosa – da cui si dipartiva una
mefitica puzza inquinatrice – e di altre fabbriche pavesi, strutture di
un’economia al giorno d’oggi ormai de-industrializzata, come del resto è
accaduto altrove.
L’esigenza di andare oltre gli
slogan. La
militanza nella Nuova sinistra, in particolare nei gruppi marxisti-leninisti,
non impedì a me e a Gianni di studiare, non solo in vista degli esami, ma anche
per rispondere a una nostra sentita esigenza di analisi il più possibile
approfondita della situazione politica nazionale e internazionale. Non ci
accontentavamo certo degli slogan, come del resto si verificava per altri
compagni. Per fare solo un nome, penso all’amico Paolo Segatti, diventato poi
docente di Sociologia nell’Università statale di Milano. Risale a quegli anni
l’approccio non solo ai testi di Marx, ma soprattutto a quelli di Antonio
Gramsci, che sarebbero diventati decisivi nel percorso di Gianni come docente e
ricercatore.
Proseguendo negli studi universitari, Gianni si distaccò progressivamente dall’impegno politico militante e si concentrò nella preparazione degli esami, tutti superati col massimo dei voti. Si laureò con la lode, discutendo una tesi su Gramsci, relatore Franz Brunetti, docente di Filosofia morale nell’Ateneo pavese – allievo prima, poi collaboratore di Ludovico Geymonat – e curatore, fra l’altro, delle Opere di Galileo Galilei.
Nella scelta del suo relatore,
mio fratello, andò abbastanza, diciamo così, controcorrente: una parte
maggioritaria di noi studenti di filosofia puntava infatti a laurearsi con
Fulvio Papi, docente di Filosofia teoretica, studioso legato al razionalismo
critico e alla “Scuola di Milano” (Antonio Banfi, Enzo Paci, Giulio Preti).
Una carriera ricca di soddisfazioni
e riconoscimenti. La decisione di Gianni si rivelò molto accorta perché Brunetti,
eletto fin dal 1970 consigliere regionale in Lombardia per il Partito
comunista, anche a causa dei suoi numerosi impegni politici, accademici e
scientifici, non esercito mai un controllo, nel senso di una pesante o, peggio,
asfissiante tutela su di lui; piuttosto lo assecondò, dimostrandogli stima e
alla lunga anche amicizia e consentendogli l’avvio di un percorso universitario
ricco di soddisfazioni e di riconoscimenti: docente ordinario di Storia della
filosofia, preside di Facoltà, prorettore con delega alla didattica nell’Ateneo
pavese..
Il suo itinerario aveva preso
l’avvio grazie a una borsa di studio da lui chiamata “la paghetta” e ad un
ulteriore soggiorno di un anno proprio nel Collegio Cairoli: ciò fu possibile
grazie anche al rettore dello stesso collegio Marco Fraccaro, scienziato di
indubbio valore, personalità quanto mai liberale.
Il matrimonio e la famiglia. Queste mie note, molto
sommarie, sugli anni trascorsi insieme nel Collegio “Cairoli”, devono, da
ultimo, ma non certo per ordine d’importanza, ricordare un momento cruciale
nella vita di Gianni. Riscuoteva attenzione e suscitava lo spiccato
interessamento di varie studentesse, ma una sua carriera di tombeur de
femmes, in effetti, non prese mai l’avvio: ciò fu dovuto all’incontro con
l’amore della sua vita, Gianna Moscato, studentessa di medicina, del
“Castiglioni Brugnatelli”, collegio femminile, come ho detto prima, verso il
quale si indirizzavano speranze, sogni e desideri di parecchi di noi. Gianni e
Gianna si sposarono dopo che entrambi conclusero gli studi universitari. Gianna
gli diede Giulia, dagli splendidi occhi. Negli ultimi momenti della sua vita,
attraversati dall’inesorabile malattia, un grande conforto, un indubbio
sollievo è venuto per Gianni dal sorriso meraviglioso dei suoi nipoti Ettore ed
Enrico.



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