I "Il Mater Olbia? Un'immensa operazione coloniale. Manifestazione di protesta promossa da Caminera Noa di Daniela Piras
Grande partecipazione stamattina alla manifestazione in difesa
della sanità pubblica indetta da Caminera Noa. Esponenti del sindacato USB,
unione dei sindacati di base, di Potere al popolo, Partito comunista di
Sassari, PCL, A Foras, rappresentanti di vari comitati di cittadini uniti nelle
lotte a tutela dei diritti per un servizio sanitario in grado di soddisfare
tutti i cittadini. Ciò che colpisce immediatamente è il nome scritto
nell’insegna: “Mater Olbia – Hospital”. Appare già chiaro che ci sia qualcosa
che non quadra; il territorio dove è situata la struttura è a pochi chilometri
dal centro della città di Olbia, quindi siamo in Gallura, in Sardegna. Il nome
in inglese appare un tantino insolito, e pare rappresentare bene ciò che i
portavoce del soggetto-progetto Caminera Noa denunciano come “La più colossale
operazione coloniale degli ultimi trent’anni, a cui nessuno in Sardegna ha
avuto sinora il coraggio di contrapporsi”. Un pezzo di territorio sardo, una
futura struttura ospedaliera dal sapore straniero che rischia di diventare
l’emblema di una speculazione ad opera dei magnati dell’edilizia del Qatar. Giovanni
Fara, uno dei due portavoce di Caminera Noa, afferma che «Questa
non è una battaglia di campanile, è una battaglia che attraversa la Sardegna e
che si unisce alle mobilitazioni di coloro che nelle ultime settimane sono
scesi in piazza in difesa dei presidi ospedalieri de La Maddalena, Isili,
Sorgono, Muravera e Iglesias. Vogliamo portare l’attenzione sulla contropartita
del Qatar che è legata agli interessi sull’isola: il rischio è che la Giunta
Pigliaru metta mano alla PPR del 2006, togliendo i vincoli che finora hanno
permesso di preservare migliaia di ettari di terreno dall’aggressione del
cemento. Da questo potrebbe scaturire un mega investimento immobiliare da parte
del Qatar.»
«L’ospedale
è il simbolo di un immenso spreco di denaro pubblico – spiega Luana Farina,
responsabile del tavolo sanitario di Caminera Noa e portavoce del comitato
“Donne libere in lotta per il diritto alla salute” – oggi vogliamo far valere
tutte le istanze relative alle criticità della sanità. Le risorse pubbliche
devono finanziare le strutture pubbliche, questo non è avvenuto e ciò sta
portando alla depauperazione del servizio. Questa scelta di voler finanziare
con soldi pubblici, quindi soldi nostri, ben 60 milioni di euro, una struttura
privata come il Mater Olbia, non è che la punta dell’iceberg; dietro ci sono
accordi economici e finanziari.»
Alla manifestazione sono presenti diversi esponenti
politici, comitati, USB – unione dei sindacati di base, associazioni culturali.
Aldo Pireddu, di “Potere al popolo” afferma che «occorre garantire una sanità pubblica
per tutti, implementando i servizi offerti, noi non siamo contro la sanità
privata, a patto e a condizione che sia complementare e non sostitutiva di
quella pubblica.»
Enrico Rubio, dell’USB spiega che il sindacato ha sostenuto sin da
subito questa battaglia: «La sanità pubblica in Italia e soprattutto in
Sardegna sta andando a ramengo da tempo e, in previsione dell’apertura del
Mater la situazione sta peggiorando ancora, stiamo andando incontro alla
distruzione della sanità, specie dei piccoli ospedali, si crea così un alibi
perfetto per arrivare ad aver bisogno di strutture come il Mater Olbia.»
Sono tanti gli interventi in difesa della sanità pubblica,
le denunce di sfacelo degli condizioni degli ospedali “in alcuni mancano
persino le garze”, i dati catastrofici relativi alle 70 mila persone che, in
Sardegna, hanno rinunciato a curarsi nel 2017, le lista d’attesa interminabili
alle quali si va incontro prenotando visite di controllo tramite il CUP “Per
effettuare una mammografia occorre aspettare a novembre del 2019!”. Tutto ciò
stride con il continuo invito a “lavorare con la prevenzione” che i cittadini
sardi si sentono rivolgere dagli operatori sanitari.
Una delle testimonianze più toccanti è stata quello di
Emanuela Cauli, del comitato “Cittadini in difesa del Paolo Merlo de La
Maddalena”; parole che sembrano arrivare da un mondo a parte, dove l’isolamento
è davvero preoccupante, e dove si assiste ad un abbandono che fa quasi paura. «Il nostro
era un ospedale perfetto, voluto dai nostri nonni e dai nostri padri
cinquant’anni fa; ora è diventato un poliambulatorio senza neanche le strumentazioni
di base. A La Maddalena non si può nascere, si può solo morire. Siamo stati
silenziati, io sono stata perfino bannata dalla pagina facebook della RAS per
aver espresso il mio disappunto. Noi siamo in balia delle condizioni meteo,
siamo terrorizzati. Siamo l’isola del vento, del Maestrale; l’elicottero o il
traghetto, in condizioni sfavorevoli potrebbero non partire e, a quel punto,
non potremmo fare niente. Se ti senti male, a La Maddalena, ci rimani».
Una manifestazione che ha avuto la capacità di portare
all’attenzione di tutti i cittadini sardi le criticità legate al diritto alla
salute, alla pericolosità di determinate scelte politiche che potrebbero
portare ad un concreto peggioramento del servizio in sé, con tutte le
conseguenze che inevitabilmente ne seguirebbero.
Daniela Piras
Sassari 17 giugno 2017
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