Contro il liberismo selvaggio – L’odio
dei capibastone per la parola “progetto” – Podimus
fraigare in Sardigna unu fraile pro su progetu?
Contro il
liberismo selvaggio. Sono di
fondamentale importanza - e da cogliere in Sardegna con la maggiore lucidità
possibile - gli insegnamenti che provengono dal referendum scozzese di giovedì
18 settembre, il quale, com’è noto, ha dato la vittoria al no degli unionisti
che hanno ottenuto 2.001.926 suffragi, pari al 55,3%, contro il sì degli
indipendentisti, che ne hanno invece conseguito 1.617.989, pari al 44,7.
Bisogna indubbiamente riflettere su questi dati, nonché sull’altissimo numero
dei votanti, l’84,59%,, impossibile ormai da reperire in altre scadenze
elettorali dei paesi non solo europei.
Ma bisogna prendere l’avvio da un aspetto decisivo
della campagna per l’indipendenza della Scozia: lo SNP, lo Scottish National
Party ed il vastissimo fronte favorevole al sì hanno messo a punto e presentato
un documento programmatico di ben 667 pagine (lo ha scritto Iain Macwhirter, di
“The Herald Scotland”, in un articolo riportato col titolo Due settimane di fuoco, su “Internazionale”, 5-11 settembre 2014, p.
43). Si può pensare addirittura ad un refuso tipografico. In realtà siamo di
fronte a idee riguardanti il Welfare State, la scuola, l’istruzione e l’Università
(ben 5 atenei scozzesi figurano nel ranking
dei primi 200 al mondo), la dimensione economica ed industriale, la creazione
di posti di lavoro per le nuove generazioni: insomma un progetto complesso, articolato,
ben studiato, fatto per guardare al futuro, scritto in chiave antitetica alle
politiche di deregulation, di
liberismo selvaggio, imperanti dai tempi di Margareth Thatcher e di Ronald
Reagan, rispetto alle quali la condotta di Toni Blair (e dei suoi successori) non
è risultata certo alternativa. In tal modo lo schieramento indipendentista ha
dimostrato di essere ben lungi dal puntare solo sui ricavi dei giacimenti di
petrolio nel Mare del Nord - in base allo slogan It is Scotland’s oil! - per ottenere vantaggi analoghi al modello
norvegese.
La prospettiva delineata dagli indipendentisti
scozzesi è ben chiara: il cardine di tutto è ridurre le sperequazioni sociali,
redistribuire il reddito, per avanzare
nella giustizia sociale e sulla via di un benessere il più possibile allargato;
un’idea di società nuova e diversa da porre a fondamento del nuovo Stato libero
e sovrano. Viene in mente la parola “laborismo”, non a caso invocata per la
Sardegna da un sicuro antifascista, progressista ed indipendentista come il
geniale e poliedrico architetto Antonio Simon Mossa (1916-1971).
In definitiva, qualcosa di opposto alle argomentazioni
degli unionisti (conservatori, liberali, gli stessi laburisti) che, partendo da
una giustificazione pressoché acritica dell’esistente, hanno fatto perno sulle
paure dell’elettorato più anziano, timoroso di trovarsi di fronte ad una
situazione inedita, carica di incognite: la moneta, il rapporto con l’Unione Europea
e quant’altro.
L’odio
dei capibastone per la parola “progetto”. Il progetto: ecco la parola
chiave. Ecco il termine tanto temuto, anzi, odiato dalle oligarchie politiche
dominanti, autoreferenziali rispetto alla società civile, ma pronte, nelle
relazioni fra loro, alla reciproca legittimazione, a praticare vantaggiose e
remunerative (in tutti i sensi) logiche trasversali. Si può parlare anche di capibastone,
così come sono stati chiamati, in più occasioni, dalla base e dagli stessi vertici
del Pd sassarese.
De
fatis sos gai cramados capibastone
non podent assolutamente atzetare sa paràula progetu, chi non devet èssere
mancu fentomada. Pro nde disignare e fraigare unu, est pretzisu cramare sa base
de unu partidu a unu cunfrontu, a unu dibàtidu de 360 grados; in su mentres
podet bessire a campu calecunu, cun analìgios e propostas cumbinchentes, chi
podet fàghere umbra a su podere de sos oligarcas matessi. Custu issos non lu
podent, non lu devent permìtere. Sas setziones
devent èssere serradas, boidas; sas ideas, sos ideales, sos programmas ant a
essere bandidos!
Abbiamo, avete letto bene?
Un progetto di 667 pagine; perché in Sardegna non proviamo a fare altrettanto?
Se davvero vogliamo imparare dalla straordinaria, originale esperienza
scozzese, scriviamo almeno qualcosa che assommi a 67 pagine, o che sia almeno
di 7! Perché non ci mettiamo tutti - il contributo specifico di ognuno di noi è
indispensabile - a scrivere un testo che sia adatto alle condizioni geostoriche,
socioeconomiche, linguistiche e culturali di questa nostra terra?
Si tratterebbe di fare qualcosa di esattamente
antitetico alle logiche del “consorzio di proprietari - l’espressione è sempre
di Simon Mossa - ieri, ed ancor più oggi, trionfante in Europa: rigore a senso
unico, austerità e prelievo fiscale per i ceti economicamente più deboli,
trionfo di banca e finanza, produzione di denaro ex-nihilo, titoli tossici, usura, mentre si tace totalmente sulla
produzione - carne e sangue autentici dell’economia - su possibili piani per
l’inserimento dei giovani nel processo produttivo, in settori agricoli ed
industriali che vanno riconvertiti in chiave ecocompatibile, nel terziario avanzato,
nell’innovazione tecnologica, usata invece per rendere sempre più dilagante la
disoccupazione.
Il leader indipendentista Alex Salmond, durante un
dibattito televisivo andato in onda il 25 agosto, si è rivolto all’unionista
Alistair Darling, chiedendogli di illustrargli 3, dicesi 3, proposte per creare
posti di lavoro, soprattutto per le nuove generazioni: bene, ha ottenuto come
risposta un balbettio. Qualcuno, in Italia, in Sardegna, chiede qualcosa di
analogo ad Angelino Jolie Alfano, a Bobo
Maroni, a Massimo D’Alema, ai loro epigoni isolani? Risponderebbero col vuoto spinto, col nulla scientifico.
In definitiva, lo SNP e il vasto, articolato fronte
indipendentista hanno profondamente scosso la sicumera degli oligarchi, che
seguono ovunque a fare affidamento su un elettorato pressoché narcotizzato e
che si mantengono a galla, come dimostra il caso italiano, su leggi e
meccanismi elettorali semplicemente vergognosi, in grado di penalizzare le
minoranze, le opposizioni e, soprattutto, di mantenere gli stessi capibastone al
potere, nonostante il drastico calo di consensi e votanti nell’afflusso alle
urne.
Gli unionisti scozzesi hanno potuto contare
sull’appoggio dei mass media, sul pronunciamento di alcuni personaggi come J.
K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, che per mantenere
invariato il legame con Londra ha sganciato un mucchio di soldi e una donazione
di 1 milione di sterline. Tutti costoro hanno convinto i vecchi - tra gli over
65 stravince il no col 73% - ma non i giovani e soprattutto i giovanissimi fra
i 16 ed i 17 anni (per la prima volta alle urne) che, nella schiacciante maggioranza
(71%), hanno votato per il sì. A Edimburgo, è vero, si afferma il no col 61%, ma Glasgow, la più
grande città scozzese, si esprime per il sì al 53,5%. I ceti sociali più
disagiati hanno votato per l’indipendenza.
Podimus fraigare in Sardigna unu fraile pro su progetu? Dopo l’incontro del 15 settembre, tenutosi al palazzo
viceregio di Cagliari, su iniziativa specialmente della Fondazione Sardinia, una
delegazione sarda, composta da esponenti dell’indipendentismo, di Sel e da 5
consiglieri regionali, si è recata ad Edimburgo prima del referendum con un messaggio
da consegnare ai sostenitori del sì. Alla luce di quanto tali delegati hanno
comunicato prima e dopo il voto, nonché del dibattito politico in corso, Michela
Murgia, soprattutto Bustianu Cumpostu, Pierfranco Devias, Cristiano Sabino, Gavino
Sale, Franciscu Sedda, Claudia Zuncheddu, indipendentisti, sovranisti,
componenti della sinistra sarda più sensibili a determinate problematiche e
tanti altri sapranno riflettere su un risultato comunque straordinario, che
rappresenta solo una sconfitta apparente? (Cfr. il lucido commento di Giuseppe
Meloni su “L’Unione Sarda” del 20 settembre 2014). Ant issos a mustrare sa capatzidade de fàghere unu siddadu de su chi
s’Iscòtzia e sa Catalogna fintzas a oe nos ant imparadu? Sappiamo che nel
mondo indipendentista qualcuno storce il naso e / o la bocca di fronte alla
proposta de aberrere unu fraile
indipendentista, di dare vita cioè ad un grande laboratorio progettuale.
Talvolta infatti ci siamo sentiti dire: ma volete forse scrivere l’ennesima
lista della spesa? No, non si tratta di proclamazioni astratte ma, piuttosto,
di dare valore e giusta, concreta collocazione, in un quadro unitario e
coerente, a pezzi sparsi di progetto: questi sono andati emergendo in tanti
anni ad opera dei movimenti sociali - come quello dei pastori - e delle stesse
forze, sia pure frammentate e mal organizzate, degli indipendentisti. Mettiamo
insieme le tessere di questo mosaico - la Fondazione Sardinia e la rivista
“Camineras” sono disponibili, insieme a gruppi, associazioni e movimenti, a
fare la loro parte specifica - col fine di sostenere una nuova idea di società
e di Stato, per andare avanti nel difficile cammino della nostra liberazione.
Federico Francioni
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